Orson Welles.
Uno degli artisti più versatili e innovativi del Novecento negli ambiti del teatro con Giulio Cesare e Macbeth di cui curò anche la versione cinematografica nel 1947 /1948, della radio con La Guerra dei Mondi nel 1938 e del cinema grazie a Quarto Potere del 1941, il suo capolavoro più noto seguito a ruota da Otello del 1952 / L’infernale Quinlan del 1958 / Il Processo del 1962 e F come Falso del 1975.
Ma fu in grado di mostrare la sua grandezza anche in film dove partecipò solo come attore, collaborando in maniera a volte “forzata” alla regia e alla sceneggiatura quando le considerava “deboli” o “inadatte” dando delle grandi prove di recitazione e rendendo così “efficaci e memorabili” film che, altrimenti, sarebbero stati inconsistenti: Il Terzo Uomo è tra questi.
Holly Martins, scrittore americano di romanzi western, giunge a Vienna per incontrare l’amico Harry Lime che nel frattempo è morto in circostanze misteriose a detta del maggiore Calloway della polizia britannica, che gli rivela l’appartenenza del defunto a un racket responsabile di rubare penicillina dagli ospedali militari per poi diluirla e venderla a prezzi triplicati sul mercato nero.
Deciso a scoprire la verità Martins inizia a frequentare Anna, la donna con cui Lime aveva una relazione finendo per innamorarsene e, grazie al suo involontario aiuto ritroverà il suo “vecchio amico” che si rivelerà addirittura peggiore di quanto gli è stato raccontato e, in un inseguimento “notturno e claustrofobico” nelle fogne sarà costretto ad ucciderlo.
È grazie alla scelta narrativa di far apparire Welles nella seconda parte del film dopo che è stato creduto morto fin dall’inizio venendo ricordato come una “brava persona” che si rivela un “mostro amorale” che viene conferita a Lime una dimensione del tutto originale rispetto ai paradigmi canonici del noir; ma è solo questo il punto di forza de Il Terzo Uomo.
A supportare un capolavoro di tale caratura vi è anche la colonna sonora realizzata da Anton Karas con lo Zither il cui brano si riverbera lungo tutta la produzione con grande eleganza e sinuosità, senza poter ignorare il contributo tecnico di Robert Krasker sublime nell’uso di un bianconero fortemente contrastato e nell’uso insistito del grandangolo,tecnica usata da Welles e che meriterebbe di essere riscoperta.
Ma la vera protagonista è Vienna: una città cupa nei cui vicoli sembrano celarsi segreti e azioni violente, ritratta come se si trattasse di un documentario in stile neorealista che si fonde ai dogmi dell’espressionismo tedesco in cui ombre sproporzionate simili a quelle del “Nosferatu” di Murnau si stagliano mastodontiche sui palazzi, confondendo vista e sensi e alimentando un continuo sospetto di trovarsi in un’altra dimensione parallela alla nostra.
Il Terzo Uomo – un viaggio nel “Cuore di Tenebra” di una città sopravvissuta all’inferno della guerra