Il Prefetto di Ferro era un uomo dello Stato ma anche un politico che negli anni ’20 e dette filo da torcere alla mafia siciliana: quest’uomo era Cesare Primo Mori.
Nacque a Pavia il 22 dicembre 1871 e morì ad Udine il 5 luglio 1942. Era laureato in Giurisprudenza e divenne Senatore del Regno d’Italia nel 1928 fino alla morte nel 1942.
Iniziò la sua carriera come un semplice funzionario di polizia, nominato prima Questore, divenne successivamente Prefetto. Si iscrisse al Partito Nazionale Fascista il 21 febbraio 1926. In effetti non ebbe mai una connotazione politica determinata: infatti lo ricordiamo per il suo coraggio, la sua integrità e dedizione nella difesa delle istituzioni, nella lotta contro la mafia. Fu soprannominato “di Ferro”, per i suoi metodi usati nel contrasto a questo mostruoso fenomeno, denominato “mafia”. La sua attività di contrasto al predetto fenomeno si svolse dal 1924 al 1929. Nei primi anni di vita crebbe nel brefotrofio di Pavia con nome e cognome provvisori: Primo Nerbi. Mori fu riconosciuto dai suoi genitori naturali nel 1879. Studiò presso l’Accademia militare di Torino e fu trasferito nel 1895 a Taranto, in qualità di Tenente d’artiglieria; si sposò e si dimise dal regio esercito. Nel 1898 entrò nel Corpo delle Guardie di pubblica sicurezza, operando a Ravenna, poi a Castelvetrano e a Trapani.
Fu proprio in quell’epoca che Mori agì subito energicamente contro la mafia, utilizzando quei metodi inflessibili e inusuali che successivamente usò in tutta la Sicilia. Sfuggì a molti attentati, proprio a causa di questa sua inflessibile azione di contrasto della mafia. Nel 1915 venne trasferito a Firenze come Vice Questore.
Nel 1916 fu di nuovo inviato in Sicilia per combattere contro il brigantaggio. In quella occasione a Caltabellotta in una notte fece arrestare almeno 300 persone. Dichiarò ad un suo stretto collaboratore: “costoro non hanno ancora capito che i briganti e la mafia sono due cose diverse. Noi abbiamo colpito i primi che sono solo l’aspetto più vistoso della malvivenza siciliana, ma non il più pericoloso. Il vero colpo mortale alla mafia lo daremo quando ci sarà consentito di rastrellare non soltanto tra i fichi d’India, ma negli ambulacri delle prefetture, delle questure, dei grandi palazzi padronali e, perché no, di qualche ministero”.
Mori aveva capito che la mafia va combattuta ovunque, non solo in Sicilia, aveva capito che i suoi tentacoli si allungavano un po’ dappertutto e che, per questo, va combattuta a tutti i livelli e con durezza.
Il Prefetto di Ferro fu decorato con due medaglie d’argento al valor militare, promosso questore nel 1917 e inviato ad Alessandria. Divenne Questore poi a Torino e a Roma. Fu promosso Prefetto nell’Aprile del 1920 e lo divenne l’anno dopo a Bologna fino al 1922. In quell’epoca, deciso ad applicare la legge, fu tra quei pochi che si opposero allo squadrismo dei fascisti e alle loro spedizioni punitive. Dopo la marcia su Roma, il 22 novembre 1922 si ritirò con la moglie a Firenze. Il 28 maggio 1924, richiamato in servizio, fu inviato dallo stesso Mussolini in Sicilia. Dopo una breve permanenza a Trapani dal giugno 1924 al 12 ottobre 1925, ove ritirò tutti i permessi d’armi, fu nominato Prefetto di Palermo il 20 ottobre 1925 con poteri straordinari per tutta la Sicilia, gli stessi poteri che cercava di ottenere al tempo il Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa. E qui arriviamo quasi alla leggenda.
Il 1° gennaio del 1926 assediò un noto paese, cioè Gangi, in quanto roccaforte di molti gruppi criminali, utilizzando i Carabinieri e la Polizia. Ordinò il rastrellamento del paese casa per casa, procedendo all’arresto dei mafiosi e latitanti. Usò donne e bambini per spingere i malavitosi ad arrendersi. Nel 1927 fece condannare all’ergastolo Vito Cascioferro, “presunto” colpevole dell’assassinio di Joe Petrosino e boss di spicco della mafia siciliana e americana. Tra questi vi era anche una “vittima eccellente” cioè l’ex Ministro e Generale di corpo d’armata Antonino Di Giorgio, costretto poi a dimettersi da deputato nel 1928. Probabilmente lo scontro con Di Giorgio fu la causa della destituzione di Mori da Prefetto.
In effetti circoli politico–affaristici fascisti collusi con la mafia orientarono le indagini di Mori e del Procuratore Luigi Giampietro sull’ala radicale del fascismo siciliano. Nel contempo mvari latifondisti siciliani, collusi con la mafia, riuscirono ad entrare nel Partito Nazionale Fascista. Il 10 gennaio 1928 l’università di Palermo riconobbe a Mori la laurea “honoris causa” in giurisprudenza. Dopo la nomina di Mori a senatore del Regno, arrivò per lui il provvedimento con cui fu messo a riposo per anzianità di servizio.
Egli continuò ad occuparsi dei problemi della Sicilia e della mafia, tanto da essere invitato dal sottosegretario all’interno nel 30 marzo 1930 a non parlare più “di una vergogna che il fascismo ha cancellato”, cioè della mafia. Scrisse le sue memorie nel 1932 intitolate “Con la mafia ai ferri corti”. Ebbe poi alcuni incarichi di minore importanza a Udine dal 1929 fino alla sua morte il 5 luglio 1942, dopo aver precedentemente perduto la moglie. Celebri le parole di Mori dopo la nomina a Senatore dal Regno: “la misura del valore di un uomo è data dal vuoto che gli si fa dintorno nel momento della sventura”.
Questa parole così attuali ci portano al ricordo dei drammi del Generale Dalla Chiesa, del Giudice Chinnici, Falcone, Borsellino, e molti altri.
Al fascismo Mori servì per i suoi scopi, non di certo per la lotta alla mafia che il Prefetto “Ferro” condusse fino all’ultimo senza esclusione di colpi. La mafia che non fu cancellata del tutto, ma rimase sopita e ritornò in auge in seguito. Mori aveva compreso appieno la sua pericolosità, ne identificò non solo il suo “braccio armato” ma anche livelli superiori, che oggi chiamiamo “colletti bianchi”. Per questo fu probabilmente destituito dalla carica. Per questo a lui fu applicato il principio “promoveatur ut amoreatur” che significa “sia promosso affinché sia rimosso”.
La figura del Prefetto Mori viene ricordata brillantemente anche dal regista Pasquale Squitieri in occasione del film “Il Prefetto di Ferro” che fece il 23 settembre del 1977, scritto da Arrigo Petacco ed interpretato da Giuliano Gemma. Dove viene dettagliatamente descritto l’assedio di Gangi quando il Prefetto chiuse le condotte dell’acqua e rastrellò casa per casa il paese. Qui vengono in netta evidenza i legami tra la mafia e il fascismo.
Mori sarà sempre ricordato come il simbolo dello Stato, della sua autorità, della sua determinazione.