Uno dei Patroni della città di Napoli è il Santo della Luce e della Verità, definito l’astro di luce particolare e inestinguibile che brilla nel cielo del secolo XIII e che a Napoli ebbe la capacità di illuminare i secoli e le menti: l’Angelico Dottore San Tommaso D’Aquino. A Napoli è il Patrono dei Teologi, accademici, librai, scolari, studenti, fabbricanti di matite. Per il Dottore della chiesa l’anima è creata “a immagine e somiglianza di Dio“: unica, immateriale, forma del corpo e non localizzata, trascendente come Dio e come lui in una dimensione al di fuori dello spazio e del tempo… ma quando accadde tutto questo?
Seppur da ragazzino diede molti segni della sua futura scienza e grandezza, dai monaci benedettini di Montecassino, passò per volere dei genitori all’Università di Napoli, ove, sebbene assai giovane, manifestò il suo potente ingegno, acquistandosi fama presso i discepoli e stima presso i maestri. Così nell’autunno del 1239, a quattordici o quindici anni, Tommaso si iscrisse al nuovo Studium generale, l’Università degli studi fondata nel 1224 da Federico II per formare la classe dirigente del suo Impero. Ospite del convento dei Domenicani presso la chiesa di San Domenico Maggiore, ebbe a conoscere questa realtà religiosa di cui entrò a far parte e in cui fece la sua vestizione nell’aprile del 1244.
Ma l’ingresso di Tommaso presso i Frati predicatori comprometteva definitivamente i piani dei suoi genitori riguardo al suo futuro incarico di abate di Montecassino, così i genitori del futuro santo lo fecero “imprigionare” al Castello di Monte San Giovanni Campano, un castello di famiglia ove fu tenuto per due anni. Tuttavia bisogna precisare che egli non fu né maltrattato né rinchiuso in qualche prigione, si trattava piuttosto di un soggiorno obbligato. Quando si accorsero che Tommaso era ben saldo nella sua risoluzione, la famiglia lo restituì al convento di Napoli. Era l’estate del 1245. Ciò avvenne in occasione del Concilio di Lione del 17 luglio 1245, allorché papa Innocenzo IV ufficializzò la deposizione dell’imperatore Federico II di Svevia.
Ma è proprio nella chiesa napoletana che vi è una leggenda legata al dipinto del Crocifisso, conservato oggi nella sua celletta (copia visibile nel Cappellone del Crocifisso), che avrebbe parlato a San Tommaso d’Aquino durante il suo ultimo soggiorno a Napoli, tra il 1272 e il 1273. Tale leggenda aurea e popolare, in cui il sacro e il profano si uniscono, fu tramandata per parecchi secoli sia per via scritta che per quella orale.
Nel giorno 6 dicembre del 1273 come ogni mattina Tommaso celebrò la Messa, poco dopo tornò nella sua cella. Restò per alcuni giorni digiuno e senza parlare e senza scrivere, e quando il suo confessore Padre Reginaldo chiese cosa fosse successo, egli rispose che tutto quello che aveva scritto era paglia da bruciare, rispetto a quello che il Padre Eterno gli aveva fatto capire. E che temeva della grandezza del Signore. In confessione egli raccontò che mentre stava in preghiera dinanzi al dipinto del Cristo in croce, sentì una voce: “Tommaso, tu hai scritto belle parole che mi riguardano, cosa vuoi in cambio?” L’Angelico accortosi che era il Cristo sulla Croce a parlargli di suo rispose: “Nulla mio Signore, mi basti Tu!” Fu da quel momento che Tommaso incominciò le sue serate a chiacchierare con Cristo nel cappellone di San Domenico Maggiore a Napoli. Un altro miracolo avvenne a Salerno, durante la Messa, quando di fronte ai presenti levitò, tanto da fare scalpore.
Furono giorni e giorni di silenzio e venne il mese di dicembre, egli non studiava e non scriveva più, la sua vita era imperniata solo della preghiera continua per Cristo, fino al 7 marzo 1264 quando lo raggiunse in cielo. A noi di quel gran pregare e di quel grande chiacchierare restano gli echi dinanzi al quadro, la sensazione di trovarsi davanti ad un’immagine ‘diversa’ e piena di luce: la stessa luce che il Dottore Angelico lasciò nelle sue parole che aprono la mente, i cuori e lo spirito, innalzandoci ‘a sua immagine’.
fonti articolo: wikipedia, vesuviolive