San Giuseppe è per tutti lo sposo di Maria e il padre putativo di Gesù, definito anche come ‘uomo giusto’. La tradizione lo chiama “padre putativo” di Gesù (dal latino puto, “credo”), cioè colui “che era creduto” suo padre (Luca 3,23).
Il suo culto si ebbe nel primo Medioevo, insieme a una più ampia devozione mariana. Incominciava lentamente a fiorire grazie agli scritti dei monaci benedettini che costituirono un valido contributo per arrivare a un inizio del culto giuseppino, rimasto però legato ai loro ambiti religiosi, dove si cominciò a inserire il nome di Giuseppe nei loro calendari liturgici o nel loro martirologio.
Testi importanti sulla posizione di Giuseppe nell’opera della salvezza si scrissero con i due grandi mistici benedettini: Ruperto di Deutz e san Bernardo di Chiaravalle. Quest’ultimo scrisse “la fama della Vergine Maria non sarebbe integra senza la presenza di Giuseppe … scelto dal Signore per confortare la Madre sua e provvedere al sostentamento di suo figlio, il solo coadiutore fedelissimo, sulla terra, del grande disegno di Dio”. Fu di grande importanza l’influsso di san Bernardo che nella letteratura e poesia medioevale verrà riletta la figura del santo carpentiere. Non a caso Dante Alighieri, degnamente invoca il nome di san Giuseppe al vertice della Divina Commedia.
Poco conosciuta la sua apparizione il 7 giugno 1660, sul Mont Bessillon (Cotignac), quando un pastore di 22 anni, finita l’acqua della borraccia, si fermò assetato sotto un albero per riposare, quando gli apparve uno sconosciuto che si presentò come il santo. Questi lo invitò a spostare un masso dove avrebbe trovato l’acqua, il quale era troppo grande e pesante, ma il pastore riuscì con meraviglia a spostarlo con facilità e poté dissetarsi. Voltatosi per ringraziare, si accorse che non c’era più nessuno. Da quel momento divenne luogo di pellegrinaggio e vi fu costruita un’abbazia dedicata a san Giuseppe, attualmente monastero di clausura.
La sua immagine, quando non è nella triade sacra familiare, viene rapprese tata con il figlio piccolo in braccio mentre dall’altra parte ha il ‘famoso’ bastone fiorito. Di questa reliquia ci sono vari in molte città ed anche Napoli ne possiede uno presso il Real Monte e Arciconfraternita di San Giuseppe dell’Opera di vestire i Nudi. Il sacro oggetto, di legno di rosa con a vista i nodi delle spine, trovato in Terrasanta fu portato in Inghilterra, presso un convento carmelitano nel Sussex nel XIII secolo, e poi portato a Napoli dal Cavalier Grimaldi nel 1712 a seguito dell’acquisizione dalla famiglia aristocratica Hampden. Con decreto della Curia Arcivescovile di Napoli in data 14 marzo 1714 la reliquia fu riconosciuta come autentica e trovò collocazione definitiva nella Chiesa di San Giuseppe dei Nudi nel 1795 con solenni festeggiamenti proclamati dal Re di Napoli.
Non poteva mancare un proverbio, o modo di dire, “Nun sfruculià a’ mazarella e’ San Giuseppe“! Nel pieno 1300 molti fedeli in devozione e per chiedere grazie facevano lunghe file per poter toccare il ‘sacro bastone’ ed assicurarsi così miracoli e benefici. Molti erano quelli che cercavano di portarne via un pezzetto o grattandone la superficie con le unghie, tanto che dopo l’avviso fu chiuso in una teca.
La leggenda sul bastone è antica: Giuseppe cercava di spiegare con veemenza che non aveva infranto la legge e che era stato un angelo mandato dal Signore. Ma nessuno gli credeva, e tanto meno credeva all’angelo e a Maria. Allora il falegname deciso urlò: “Non sto affatto scherzando”, disse con tono duro. Fu allora che uno dei suoi amici provocò con tono di sfida: “Se veramente Maria è rimasta incinta come tu dici, che il legno del tuo bastone fiorisca in questo preciso istante!”. E improvvisamente, dal bastone di San Giuseppe, fiorì, maestoso, un giglio.
Secondo un’altra leggenda apocrifa Giacomo, padre dei Maria, chiese aiuto pregando il Signore per trovare uno sposo per sua figlia. Dio per risposta gli ingiunge di convocare al tempio di Gerusalemme tutti gli scapoli della Giudea, e che un segno avrebbe indicato chi l’avrebbe dovuta proteggere e sposare. Quando entro Giuseppe nel tempio, appena varcò la soglia, il suo bastone cominciò a gettare fiori e una colomba bianca si posò sulla sua testa. Nonostante le proteste di Giuseppe che si sentiva troppo vecchio, il Sacerdote gli chiese di accettare la volontà di Dio.
Eppure il suo culto e la festività in Italia hanno portato soprattutto alla produzione di dolci salati e rustici in molte regioni, e così diversificata anche nelle varie province e città: come le frittelle fiorentine o romane, le ‘sfincie’ siciliane e le zeppole pugliesi e di Napoli (di cui abbiamo scritto un altro articolo).