Il reinserimento dei reduci.
Un problema affrontato dai paesi quando coloro che si sono arruolati per combattere in guerra fanno ritorno a casa, ritrovandosi affetti da “problemi mentali” o da stress post traumatico se, non addirittura, menomazioni fisiche che rendono molto più complicata la ripresa di un’esistenza “regolare”. Tra i paesi in cui tale fenomeno si è sempre dimostrato maggiore vi sono gli Stati Uniti che, dopo la Guerra del Vietnam e il post 11 settembre, si sono ritrovati completamente impotenti e incapaci nel gestire il quasi mezzo milione di persone cadute vittima di tali patologie, che spesso si ritrovano a conviverci fino alla fine dei propri giorni.
In realtà, fin dalla Seconda Guerra Mondiale, anche se con numeri alquanto minori e con pochissimi “casi gravi”, l’America si è trovata ad affrontare un tale “fenomeno sociale” non senza grandi difficoltà. Prendendo spunto dal romanzo Glory for Me scritto da MacKinlay Kantor, il regista William Wyler realizzò, nel 1946, I Migliori Anni della Nostra Vita (The Best Years of Our Lives).
Tre reduci – il sergente Al Stephenson, il marinaio Homer Parrish e il capitano di aviazione Fred Derry – fanno ritorno a Boone City a bordo di un aereo militare, dove fanno conoscenza tra di loro. Stephenson, grazie all’amore della moglie e all’affetto dei suoi figli, riprenderà il suo lavoro in banca, ma dovrà confrontarsi con l’arrivismo dei suoi superiori, pronti a lucrare sugli effetti della guerra e su chi l’ha combattuta, bloccando i progetti di chi vuole investire in determinati ambiti gli stipendi maturati durante il conflitto.
Parrish, che ha perso le mani per le ustioni subite dopo l’affondamento della sua portaerei, e si trova costretto ad usare delle protesi con un gancio meccanico, riuscirà ad affrontare il suo disagio solo grazie alla sorella e alla fidanzata Wilma che, in seguito, sposerà. Derry, dopo aver cambiato diversi lavori ed essersi separato dalla moglie Marie – sposata poco prima della guerra – sarà quello che maggiormente proverà sulla sua pelle il senso di disgusto di chi non viene compreso trovando, alla fine, l’amore della figlia di Stephenson, Peggy.