Schliemann ha regalato al mondo la scoperta dei resti dell’antica città di Troia, incendiata dagli Achei dopo almeno 10 anni di guerra.
Nato in Germania il 6 gennaio 1822, morì a Napoli il 25 dicembre 1890. Era originariamente un imprenditore e solo in seguito divenne un noto archeologo. Omero era di casa nella famiglia Schliemann: il padre leggeva sempre i versi dei famosi poemi omerici. Già da bambino, leggendo un libro di storia, fu colpito da una illustrazione che si riferiva all’antica Troia: a seguito di ciò il piccolo Heinrich si ripromise di ritrovare assolutamente le sue vestigia e questa ossessione durò per tutta la sua vita. Il giovane Schliemann frequentò solo per alcuni mesi il ginnasio, in quanto fu costretto poi ad abbandonarlo, per carenza dei necessari mezzi finanziari paterni. A questo punto, cambiò decisamente obiettivo, iniziando a lavorare presso un commerciante. Solo per caso un giorno udì un ubriaco recitare dei versi in greco, che si riferivano ai due poemi dell’Iliade e dell’Odissea. Dopo alterne vicende in campo lavorativo, emigrò in Venezuela e da lì si imbarcò per l’Olanda, ove imparò velocemente ben 4 lingue. Poi salpò per gli Stati Uniti d’America, ove si arricchì. Ritornò di nuovo in Europa e si stabilì a San Pietroburgo, ove svolse l’attività di commerciante, approfittando della guerra di Crimea, che scoppiò l’anno dopo. Qui si arricchì ancora rifornendo l’esercito russo di vettovaglie e di vario materiale bellico. Tra le lingue da lui studiate figurava al primo posto il greco antico, che gli permetteva di leggere direttamente quelle mitiche imprese degli eroi omerici.
Nel 1868 si ritirò dagli affari e girò in vari paesi, tra cui l’Italia, la Grecia, la Turchia. Fu proprio in quest’ultimo Paese, che iniziò a ricercare le antiche vestigia di Troia, in particolare nei dintorni della collina di Hissarlik. Qui Schlieman ritrovò vasellame, armi, mura e fondamenta di ben 8 città costruite una sulle rovine dell’altra. Fece alcuni errori di valutazione nell’identificare i resti dell’antica Troia. Poi li identificò con assoluta certezza e solo nel 1874 furono pubblicizzati i risultati di quelle ricerche. I precedenti scavi archeologici del 1873 evidenziarono alla base delle mura ciclopiche del 2° strato (epoca 2500-2000 a.C.) un tesoro di migliaia di gioielli d’oro, che Priamo, il re di Troia, aveva nascosto molto prima della totale distruzione della città.
Schliemann esportò il tesoro in Grecia, ma in gran segreto. Poi lo donò alla Germania, ove rimase fino alla seconda guerra mondiale. Dopo alterne vicende il tesoro di Priamo fu portato a Mosca. Il grande archeologo morì a Napoli nel 1890, forse a causa di un’operazione mal riuscita.
Praticamente dedicò tutta la sua vita a fare ricerche archeologiche e, tra queste, ricordiamo quelle che interessarono l’antica Micene in Grecia. Ma la sua fama crebbe notevolmente soprattutto dopo la fortunata scoperta dell’antica Troia. Fu grande la sua determinazione nell’inseguire un sogno, poi divenuto realtà, anche se le sue sostanze economiche vennero completamente prosciugate in tale impresa.
È singolare che la sua vita finì a Napoli: cadde in Piazza della Santa Carità, riprese conoscenza, ma non riuscì più a parlare. A questo punto, adagiato in fretta su di una barella, venne subito trasportato all’ospedale più vicino e fu riconosciuto da un noto otorinolaringoiatra dell’epoca, il Prof. Vincenzo Cozzolino, che peraltro lo aveva visitato il giorno prima. Il grande archeologo morì il giorno dopo la caduta, a causa dei postumi di un’operazione subita in Germania all’apparato acustico. Da lui gli attuali archeologi potrebbero apprendere che proprio la determinazione e l’organizzazione in archeologia sono estremamente importanti per arrivare a portare alla luce i resti di antiche civiltà, per arricchire sempre di più la conoscenza dell’uomo.