Giovannino Guareschi.
Uno dei più venduti e tradotti scrittori del Novecento italiano, le cui opere e personaggi, in primis il parroco don Camillo e il suo naturale antagonista, il sindaco comunista Peppone, nonostante il passare degli anni, rimangono amati e tramandati grazie alla verve e alla “visione di vita” del loro creatore.
Per tutta la sua esistenza, fu fedele al suo ben noto carattere di “bastian contrario”, dovuto al suo essere ribelle, sempre pronto ad attaccare, senza la benché minima paura o riverenza, quei bersagli che più considerava meritevoli di critica, finendo anche per essere incarcerato per quattrocento nove giorni con l’accusa di vilipendio nei confronti di Luigi Einaudi e di Alcide de Gasperi.
A garantirgli una meritata immortalità, insieme ai suoi scritti, i cinque film cinematografici dedicati a Don Camillo, che possono vantare l’interpretazione di due veri attori di classe del calibro di Fernandel e di Gino Cervi, i cui volti ormai sono scolpiti nell’immaginario come rappresentazione visiva dei due personaggi. Una cosa che sanno in pochi, però, è che il primo film della saga, «Don Camillo» diretto dal regista francese Julien Duvivier, era in lizza per l’Oscar come miglior film straniero nel 1953 ma, dato che la CIA lo considerava troppo «di sinistra», riuscì a farlo escludere dallo slot delle candidature.
Ma questa non fu l’unica volta che la CIA ostacolò il cammino del creatore del “Piccolo Mondo”; nel 1965 l’Accademia Reale Svedese, su segnalazione di Mario Manlio Rossi, professore di filosofia e letteratura all’Università di Edimburgo, lo aveva inserito nella lista di nomi a cui concedere il Premio Nobel per La Letteratura, insieme ad Alberto Moravia, Giuseppe Ungaretti e al filosofo Pietro Ubaldi. Quell’anno, il vincitore fu lo scrittore russo Michail Sholokhov, che lo vinse grazie all’interferenza dei servizi segreti americani, disposti a tutto per bloccare uno scrittore per loro fin troppo «scomodo» per la sua nota e straripante irriverenza verso le istituzioni e qualsiasi potere politico.
Come mai un tale accanimento contro di lui ?
La risposta più logica possibile, è che le sue storie mostravano che era possibile dialogare con la “minaccia rossa” quando ci si siede a ragionare come uomini, invece di irrigidirsi sulle proprie posizioni ideologiche, e che il comunismo non era il cosiddetto “impero del male” assoluto, come gli americani hanno pensato fino alla fine della Guerra Fredda.