Quest’oggi, nella baia di Taiji, situata nella prefettura giapponese di Wakayama, in Giappone – da tempo soprannominata la “baia della morte” – si è consumata l’ennesima, sanguinosa, caccia al delfino, che stavolta, ha visto finire sotto le lame dei cacciatori nipponici all’incirca 22 esemplari della specie Peponocephala Electra.
Il grosso del branco, composto da cetacei appartenenti alla famiglia dei delfinidi, che vivono in tutte le acque tropicali del pianeta, è riuscito a salvarsi, nonostante sia stato accerchiato con le imbarcazioni dei pescatori che, barbaramente hanno tentato di spaventarli con il rumore assordante di lunghi pali metallici al fine di catturarli.
I 22 catturati, dopo diverse ore di inseguimento e di una caccia alquanto “selvaggia”, sono stati radunati, per poi essere legati l’uno all’altro per le pinne caudali e macellati sotto i tendoni approntati per poter poi mettere la loro carne in vendita.
A fornire informazioni sulla vicenda sono stati i volontari della squadra “Cove Monitors” del Dolphin Project, organizzazione creata da Richard “Ric” O’Barry, ex addestratore di delfini conosciuto in tutto il mondo per aver contribuito alla serie Flipper, che da anni lotta contro la prigionia dei cetacei, allo scopo di garantire la loro tutela e protezione.
Il governo giapponese, totalmente disinteressato alle critiche che giungono da tutto il mondo, continua nell’impunito massacro dei delfini, oltre a impedire ai volontari di intervenire contro tale barbarie, tenendoli sotto stretta sorveglianza e imponendo pene severissime in caso di disturbo alle operazioni di caccia.