23 settembre 1985: alle nove e trenta di sera, con il corpo trapassato da dieci colpi di una Beretta calibro 7.65, si spegneva Giancarlo Siani, “giornalista” del Mattino di Napoli, abituato ad andare in giro in cerca di notizie e a trattare, senza peli sulla lingua, della “pervasività camorristica” a Torre Annunziata. A condannarlo a morte, il coraggio di rivelare che l’arresto di Valentino Gionta era dovuto al tradimento dei suoi “alleati storici”: il clan Nuvoletta, che aveva esteso le sue mani su elezioni / tangenti / minacce.

Ormai considerato un ostacolo da annientare ad ogni costo, fu abbattuto nei pressi di casa sua a piazza Leonardo, al quartiere Vomero. Responsabili “materiali” della sua morte furono Armando del Core e Ciro Cappuccio, su mandato di Angelo e Lorenzo Nuvoletta, coadiuvati da Luigi Baccante per ordine del boss mafioso Totò Riina. La sua dipartita – definita da Oscar Luigi Scalfaro, all’epoca ministro dell’Interno, “un’esecuzione camorristica” – invece di metterlo a tacere, lo ha reso un simbolo per le coscienze della società civile, il cui nome risuona ancora oggi nei premi, nella cultura della legalità e nella lotta alla camorra.

FONTEottopagine.it
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