Silente e senza far notizia è passata una legge, approvata al Senato il 15 novembre 2017 che decreta che il compimento di Mameli è il canto della Nazione Italiana. Forse qualcuno storcerà il naso e qualcun altro rimarrà stranito, certa è la domanda che tutti si saranno posti: ma perché non lo era già?

No. Solo dopo 71 anni quel melodioso e fraterno canto di Mameli, che noi ricordiamo unicamente durante i mondiali e sappiamo cantare in pochi per intero, è passato da inno provvisorio a quello ufficiale. Con il titolo ‘Il canto degli italiani’ conosciuto universalmente come Fratelli d’Italia, la commissione Affari costituzionali di Palazzo Madama ha infatti approvato, in sede deliberante, che questo è l’Inno Italiano. Pochi sanno che il 12 ottobre 1946 il Consiglio dei ministri coordinato da Alcide De Gasperi ne autorizzò solo “provvisoriamente” l’uso come inno nazionale della Repubblica Italiana e da allora nessuna legge lo aveva reso definitivo. Ovvero quando nel 1946 si cercò di trovare un inno per il giuramento delle Forze Armate della neonata Repubblica, non volendo per ovvie ragioni eseguire la marcia reale dei Savoia, si scelse frettolosamente tra i canti amati durante il Risorgimento: tra questi ebbe la meglio quello di Goffredo Mameli col titolo Il canto degli Italiani scritto il 10 settembre 1847 e musicato da Michele Novaro il 24 novembre dello stesso anno.

Non a caso per molti anni più volte si è cercato di sostituirlo con le note più solenni, del verdiano Va, pensiero. “Grande soddisfazione per l’approvazione, in via definitiva al Senato. Questo risultato è stato possibile grazie all’iniziativa che ho preso con 40 colleghi e che mette fine dopo 71 anni all’anomalia di non avere un inno riconosciuto ufficialmente. È un atto di grande valore simbolico. Sono state superate le preoccupazioni e i pregiudizi che c’erano e finalmente l’inno di Mameli è ufficialmente l’inno nazionale. Il Parlamento ha dimostrato di essere in sintonia con gli italiani che in ogni occasione cantano l’inno con grande partecipazione. Più recentemente i presidenti Ciampi e Napolitano hanno fatto molto perché gli italiani si riconoscessero nell’inno; il risultato di oggi lo dobbiamo anche a loro“, queste le parole del primo firmatario Umberto D’Ottavio (deputato Pd) della proposta di legge per il riconoscimento ufficiale dell’inno nonché componente della commissione Cultura della Camera.

La prima curiosità si trova nel primo verso, perché il musicista cambiò le parole ‘Evviva l’Italia’ con Fratelli d’Italia; ed ancora l’elmo di Scipio fa riferimento a Publio Cornelio detto Scipione l’Africano che fu il condottiero romano che sconfisse Annibale nella Seconda Guerra Punica nel 218-202 a.C. e venne scelto come esempio di vittoria contro gli oppressori stranieri; in stringiamoci a coorte si intende la formazione base dell’esercito romano, composta da 500 a 1.000 soldati, e rappresentava sia la potenza che la resistenza, l’agilità e l’unità che creavano una legione. Ancora con dov’è la Vittoria? Le porga la chioma, ché schiava di Roma Iddio la creò sta a significare che la Vittoria sicura dell’Italia contro l’Austria, porterà la stessa a farsi tagliare i capelli come una schiava;  Dovunque è Legnano  fa riferimento alla battaglia del 1176 della Lega Lombarda dei comuni che sconfisse Federico I di Svevia, il Barbarossa, che fu obbligato a rinunciare alla sua supremazia; ogn’uom di Ferruccio invece fa riferimento all’eroica difesa della Repubblica di Firenze tra il 12 ottobre del 1529 e il 12 agosto del 1530 quando venne assediata dall’esercito imperiale di Carlo V d’Asburgo, a guidare fu il capitano Francesco Ferrucci che venne ferito a morte e poi ucciso vilmente dal mercenario Maramaldo, così i fiorentini firmarono la resa che li sottometteva nuovamente ai Medici. Si aggiunge poi la frase i bimbi d’Italia si chiaman Balilla, si ricorda il valore e il coraggio del leggendario Balilla il fanciullo genovese Giambattista Perasso che il 5 dicembre 1746 scagliò una pietra contro un ufficiale della coalizione austro-piemontese, dando l’avvio alla rivolta che portò alla liberazione della città.

Quindi Fratelli d’Italia la nostra Italia è desta e si è cinta la testa della Vittoria ed benedetta dal Dio noi, uniamoci insieme in una sola potenza, insieme contro la morte l’Italia ci chiama. Noi da secoli siamo stati derisi e calpestati (si fa riferimento alle conquiste subite nei secoli) perché da sempre divisi (l’Italia era divisa in sette stati) e non un popolo della stessa nazione, raccogliamoci in un’unica bandiera, in un’unica speranza (speme) perché è il momento di unirci perché l’Italia ci chiama. Unione e l’amore rivelano ai popoli le vie del Signore a cui abbiamo giurato di liberare la nostra terra. Chi può vincerci se siamo uniti e sotto la guida dell’Altissimo? Dall’Alpi alla Sicilia come fu a Legnano, ogni uomo è Ferruccio o è il bambino Balilla, così come con i suoni delle campane di Pasqua dei Vespri (ribellione siciliana del 1282 contro i dominatori angioini), noi ci uniremo fino alla morte. Sono giunchi che piegheranno le spade vendute ovvero i mercenari chiamati nell’esercito imperiale Austriaco che del suo simbolo l’Aquila bicipite perde le penne oramai, sia l’Italia che il popolo Polacco, che era nella morsa austro-russa (cosacco), avrebbero sparso sangue che sarebbe poi divenuto veleno interno per gli oppressori, se uniti insieme contro di esso lo si combatte fino alla morte, perché l’Italia chiama.

Questo meraviglioso testo intriso di valori unitari e ricco di citazioni storiche su cui elevare il proprio ardore ha dovuto aspettare 71 anni per essere legittimato, contro chi lo vedeva un testo guerrafondaio, chi troppo nazionalista, chi troppo modesto, chi aveva proposto La canzone del Piave e chi Va pensiero. Invece La canzone degli italiani di Mameli che scrisse il testo e poi morì a soli 21 anni da patriota, combattendo per la Repubblica Romana di Giuseppe Mazzini, oggi è il nostro Inno. Quelle stesse parole che durante il Risorgimento furono messe al bando dagli Austriaci e che era ritenuto reato politico solo cantarlo, oggi è Inno Nazionale. Questo canto che si senti urlato a squarciagola sulle barricate della Cinque giornate di Milano nel 1848 oggi è l’Inno d’Italia, andando contro Garibaldi che preferiva il suo Inno e i Savoia che imposero la loro marcia. Oggi questo è l’Inno Nazionale italiano per legge… finalmente l’Italia è desta.

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