Ferdinà lievat’e ‘a sott’
Storie, curiosità ed opere di un “Architettus Neapolitanus”.
Ferdinando Sanfelice, “Cavaliere napolitano del Seggio di Montagna, e discendente dal real sangue di Normandia” nasce a Napoli il 18 febbraio del 1675 da nobile famiglia. “….a mezzogiorno di lunedì dopo essere stata la sua madre più giorni per partorirlo, essendo nato così grande, che venivano quantità di gente a vederlo…” .Così scriveva Bernardo De Dominici nella sua opera Vita dei pittori e architetti. Naturalmente le notizie del De Dominici vanno prese sempre “cum grano salis” conoscendo la sua predisposizione a romanzare le vite dei pittori. Ferdinando, settimo figlio maschio di Don Camillo Sanfelice, già da piccolo dimostrò una notevole predisposizione per il disegno, “e mentre che prendeva ancora il latte, quando la nutrice lo vedeva piangere per quietarlo, o gli dava un libro, o il calamaio e la penna, e si poneva a scrivere , o a disegnare, stando con somma quiete le giornate intere”, “….Nell’età di sette anni dipinse una soffitta di carta nella sua villa di Ottajano….”
Giovane valente ed eclettico
Costruiva splendidi presepi, sapeva perfino ricamare con estrema perizia ed era molto attratto anche dalle arti meccaniche. Il padre, invece, lo volle avviare agli studi umanistici e giuridici, secondo lui più consoni alla propria posizione sociale. Il giovane Ferdinando “un piccolo genio” eccelse anche in quelle discipline, si distinse in latino, greco, in giurisprudenza, filosofia e studiò con successo anche poesia e matematica per quanto pittura e architettura fossero la sua passione segreta. Fu solo alla morte del padre che Ferdinando, incoraggiato dal fratello che aveva intuito il suo “genio”, si poté dedicare a tempo pieno al disegno e all’ architettura. Il Solimena, dopo aver osservato le opere pittoriche, lo volle fra suoi allievi ” avendolo giudicato di un talento così mirabile che doveva dar onore alla sua scuola “
Eccezionale architetto
Valente pittore, eccezionale progettista e scenografo, seppe creare una corrente architettonica autonoma, che si rifaceva a Cosimo Fanzago e al Barocco austriaco di Bernhard Fischer von Erlach. Era un’architettura interamente fondata sulla scenografia con l’obiettivo di suscitare stupore e ammirazione. Un aspetto poco celebrato di Ferdinando Sanfelice, architetto ma anche artista eccezionale. La sua creatività negli allestimenti scenici è rimasta proverbiale.
Puro spettacolo. Arte effimera. Incanto. Fragilità. Evanescenza. E per timore di crolli delle scene gli addetti lo soprannominarono in maniera particolare! Fu soprannominato scherzosamente “Lievat’a’sott “cioè Togliti da sotto! Ferdinando Sanfelice è stato uno degli architetti più creativi del Settecento napoletano. Ci ha lasciato monumentali e impeccabili opere, che il critico d’arte Bernardo De Dominici definì già all’ epoca “di solida architettura”.
Realizzò, con una genialità che sfidava ogni regola, molteplici allestimenti scenici: castellane*, scenografie celebrative ed effimere. Realizzò per principi e nobili, tele e sfondi di paesaggi arcadici. Eccelleva come allestitore di chiese, palazzi e ville con decorazioni, ornamenti e palchi per eventi sacri, feste e ricorrenze private. Nel 1700 alla morte di Carlo II re di Spagna e dovendosi celebrare in città solenni funerali fu dato al Sanfelice l’incarico di eseguire il disegno del” tumolo” dentro la cappella dell tesoro di San Gennaro. Il disegno fu tanto gradito ed ebbe così tanto successo che fu dato alle stampe. Da quel momento gli furono commissionati molteplici allestimenti e progettazioni e iniziò la sua carriera di architetto. Gli apparati civili e religiosi diventarono la punta di diamante della sua arte architettonica che influenzerà mirabilmente anche le ardite costruzioni civili.
Valente progettista e scenografo
Epiche le *castellane funerarie*: per l’imperatrice Eleonora d’Asburgo, per il giurista Gaetano Argento. Straordinaria la scenografia trionfale per Carlo III a Napoli. Memorabili le macchine da festa per San Gennaro!
Stupendi i padiglioni per le nozze di Carlo di Borbone. Meravigliosa la pagoda cinese alla grande fiera, eccezionali i padiglioni per i festeggiamenti per la nascita del primogenito del re. Raffinatissimo l’esotico corteo orientale per la visita dell’ambasciatore ottomano a Palazzo Reale. Il De Dominici ci racconta che il Sanfelice inventò anche una speciale vernice idrorepellente a base di calce e pozzolana affinché queste macchine e apparati non si deteriorassero alle intemperie.
Il 1 aprile del 1748 Ferdinando Sanfelice muore all’ età di 73 anni. Il 4 di aprile il figlio Camillo organizza per il padre funerali solenni, allestiti con grande “castellana” dallo scenografo Giovanni Grieco sotto la direzione di Giuseppe Astarita, erede ed allievo del Sanfelice. Il corteo funebre fu organizzato con la partecipazione di 100 frati. Sarà sepolto nella cappella di famiglia, nel cappellone di San Giacomo della Marca in Santa Maria la Nova .
*Castellana – Castrum doloris (In latino ” il castello del dolore “) è la denominazione per la struttura e le decorazioni che ospitano o accompagnano il catafalco o la bara da cui risalta il prestigio sociale e l’alta nobiltà del defunto. Un castrum doloris potrebbe presentare un elaborato baldacchino e includere candele, possibilmente fiori e, nella maggior parte dei casi, stemmi , epitaffi e possibilmente statue allegoriche. Il“castra doloris” risalgono ad usanze del XVII ° e XVIII ° secolo.
L’opera architettonica
Eccezionali erano le sue scale. Magnifica e arditissima quella costruita nel 1735 per palazzo del marchese Poppano, meglio conosciuto come “Palazzo dello spagnolo”. Da menzionare le altre «scale di bizzarra invenzione» : quella ottagonale (1727) inserita nel restauro della villa di Pietro Giannone all’Arenella, quella a rombo usata nelle rampe a sbalzo del palazzo Di Maio alla Sanità. Singolare erano pure quella a doppia chiocciola del palazzo Sanfelice, quella duplice e ingegnosa del Banco dei poveri (1734-36), quella monumentale del palazzo Serra di Cassano, quella a “tenaglia” dello scalone di San Giovanni a Carbonara. Da menzionare anche l’elegantissima scala del Palazzo Spinelli Di Laurino. “C’è quanto basta per confermare il ben noto virtuosismo del Sanfelice nel concepire elaborati giochi di scale, che restano fra gli elementi peculiari e forse più interessanti della sua opera”.
Il palazzo dello spagnolo
La scala ad “ali di falco” è posta come diaframma fra due Cortili ed è sostenuta da pilastri raccordati da archi rampanti a tutto sesto o a sesto ribassato. Essa si presenta completamente forata, sia dalla parte del primo cortile che del secondo, dove un tempo si affacciava un giardino. Questa soluzione avrebbe garantito non solo maggiore luminosità all’ interno della stessa, ma anche la possibilità per chi la attraversava, di poter ammirare tutte le parti interne del palazzo. Inoltre, la scelta di creare rampe di scale molto inclinate avrebbe reso meno faticoso l’attraversamento. Tale artificio ha creato, così, una disposizione a “imbuto” con la galleria di collegamento tra i due cortili, visibile già dall’ androne. Si ha l’impressione che la scala sia sospesa nel vuoto ….e per questa peculiarità era denominato dai napoletani e dai suoi manovali “Ferdina’ lievate a sotto” . Le sue scale erano ammirate a tal punto da essere riprese in molti altri nobili palazzi. I progetti del Sanfelice erano molto ammirati dagli architetti suoi contemporanei .
Palazzo Ayerbo d’Aragona, principi di Cassano
Gli Ayerbo d’Aragona, principi di Cassano, possedevano nei presso di Sant’ Eframo nuovo, un antico palazzo. Il Principe Giuseppe Maria Ayerba d’Aragona, all’ inizio del 1748 decise di ristrutturarlo secondo un progetto dell’ ormai anziano architetto. I lavori iniziarono sotto la direzione del Sanfelice ma la morte lo colse il 1 aprile dello stesso anno. Con molta probabilità la prosecuzione dei lavori furono a affidati a Giuseppe Astarita collaboratore e allievo del Sanfelice . Il palazzo presenta una inusuale scala a matrice poligonale. La struttura della scala poligonale su lati disuguali si sviluppa con un’ascesa di una rampa centrale e di due rampe laterali e separate da un pianerottolo di forma triangolare e con uno dei lati semicircolari, il tutto è inquadrato da ampie arcate a sesto ribassato. “La tensione strutturale è data dagli angoli acuti dei pilastri e dal profilo pulito dei costoloni che chiariscono le linearità delle volte e dai rampanti a collo d’oca. “
Palazzo dei Duchi Serra di Cassano
Altra sua preziosa opera è il Palazzo Serra di Cassano (oggi prestigiosa sede dell’Accademia degli studi filosofici) dove si può ammirare uno degli scaloni più belli di Napoli, realizzato attraverso un perfetto connubio di marmo bianco e piperno (pietra lavica del Vesuvio) “Edificò sopra Pizzofalcone il palazzo Serra con una scala stimata la più magnifica di Napoli”(da Le Vite de’ più celebri architetti d’ogni nazione e d’ogni tempo, precedute da un Saggio sopra l’architettura, Roma 1768 di Francesco Milizia)
Scala del palazzo Palazzo Spinelli Di Laurino
Notevole è pure lo scalone Sanfeliciano del palazzo dei Principi di Spinelli di Laurino, composto da due rampe: la prima, in asse con la parete di fondo e la rampa successiva, ha una doppia rampa con duplice prospettiva.
I palazzi Sanfelice
Nel 1724 Il Sanfelice decise insieme alla moglie Donna Agata Ravaschieri di abbandonare il centro caotico della città e cercarsi una residenza in una zona più salubre ed ariosa. Acquistò un terreno con un contiguo palazzo nella zona della Sanità. I lavori di costruzione e ristrutturazione durarono circa due anni. Creò un complesso formato da due corpi di fabbrica, di cui uno già preesistente ed affiancato e inglobato nella nuova costruzione. L’edifico si compone di due palazzi distinti, uniti solamente dalla facciata principale che segue l’andamento curvilineo della strada. I due portali di accesso sono identici, entrambi sormontati da una coppia di sirene che sorreggono il balcone del primo piano, con al centro iscrizioni composte da Matteo Egizio che esaltano la figura dell’architetto e la sua opera.
Sul palazzo da lui acquistato e ristrutturato c’è questa lapide:
«FERDINANDUS SANFELICIUS PATRITIUS NEAPOLITANUS AEDES NIBLIORI OPERE RESTITUIT DILATAVIT ORNAVIT.»«Ferdinando Sanfelice patrizio napoletano restaurò la casa, con opere più nobili, ampliandola e ornandolo
Sull’ingresso del palazzo da lui realizzato e progettato c’è questa altra lapide:
«FERDINANDUS SANFELICIUS PATR. NEAP. OB EXIMIAM LOCI SALUBRITATEM HASCE AEDES AB SOLO EXCITAVIT ITEM OPERIS CURATOR INVENTOR ET DOMINUS.
ANNO DOMINI MDCCXVIII»«Ferdinando Sanfelice patrizio napoletano, per la straordinaria salubrità del luogo, costruì questa casa dalle fondamenta. Fu lui il progettista, curatore e proprietario dell’opera. Anno del Salvatore 1728.»
Sui due piani superiori si aprono delle finestre decorate con stucchi e, ai piani alti, sormontate anche da tondi con all’interno dei busti.
Per quanto simili siano gli ingressi, i due edifici risultano diversi per quanto riguarda i cortili e le scale interne. Il primo cortile è a pianta ottagonale e permette di accedere da un vestibolo che presenta un soffitto affrescato con la “Gloria” dei Sanfelice, dove angeli sorreggono gli stemmi e le armi della famiglia dell’architetto e della moglie.
In questo primo cortile c’è una scala a doppia rampa che ripercorre l’inclinazione delle pareti ottagonali. Il secondo cortile, di pianta rettangolare, ha una scenografica scala ad ali di falco che fa da proscenio al giardino retrostante.
All’ interno, alcuni ambienti erano stati affrescati dal suo maestro di pittura Francesco Solimena, mentre la Cappella privata conservava quattro statue della scuola di Giuseppe Sanmartino, raffiguranti le stagioni. Tutte queste opere, però, erano già andate perdute nel 1854, quando gli ’edifici furono acquistati da Francesco Capecelatro, marchese di San Lucido, e dal marchese di Vigo. Ciò che rimane ancora è un curioso omaggio dell’architetto all’amata moglie. La donna era ligure, nata a Lavagna, e così il marito fece rivestire i gradini dell’ingresso con pietra di lavagna per ricordare la sua provenienza.
Palazzo del Duca di Monteleone
Restaurò e ingrandì il palazzo del duca di Monteleone ” …e pretese adornavi il portone d’una maniera la più capricciosa. Un mascherone forma il capitello alle colonne, le sue orecchie di satiro rappresentano le evolute, i suoi crini le rosette, la sua barba le grondi.(F. Miglio)
Palazzo del Principe Filomarino della Rocca
All’inizio del Settecento il principe Giambattista Filomarino della Rocca, commissionò a Ferdinando Sanfelice l’esecuzione del portale e lo scalone monumentale interno. Il primo, realizzato in piperno, è caratterizzato da una strombatura verso l’interno ed è ornato con bugne a punta di diamante in marmo bianco e si conclude con un fantasioso timpano spezzato chiuso da singolari volute che stringono al centro una decorativa chiave di volta. Il secondo, anch’esso in piperno, presenta una coppia di lesene bugnate, su cui poggia un timpano spezzato, con al centro una chiave con fregio. Durante l’esecuzione di questo lavoro il Sanfelice conobbe il filosofo G.B.Vico e ne divenne amico. Nel 1738 l’illustre filosofo gli dedicherà un sonetto di ecomii e riconoscimenti della sua arte.
Sonetto dedicato al Sanfelice da G.B.Vico
“Lode di Sanfelice, patrizio napoletano, per la macchina volgarmente detta la “Fiera” da lui ideata ed eseguita in occasione delle nozze di Carlo di Borbone, Re delle due Sicilie con Maria Anna Walburga”.*
Con sue ampi e alti moli e sterminate
Di palagi, obelischi e torri e templi
D’immense regie forze ultimi esempi
Fece mensì stupir la prisca estate.
Tu con lode e ingegno al mondo or nate,
Saggio Ferdinando, in breve spazio n’empi
La vasta meraviglia e i nostri tempi
Orni di nuove glorie alme e pregiate
Chè un tempo ergesti l’ammirabile opera
Ove al bisogno ed al piacere umano
Fan di se copia la Natura e l’Arte
Si ben ella s’intende di ogni parte
Che bella rara idea l’onor sovrano
Non fia che il tempo unqua d’oblio ricopra.
Da “Gli opuscoli” Di G.B.Vico
*Maria Amalia di Sassonia (Maria Amalia Christina Franziska Xaveria Flora Walburga)
L’ altare di Santa Chiara
Fra la sua produzione è doveroso ricordare l’altare di Santa Chiara un vero merletto di marmi policromi e madreperla con intarsi stupendi, il più imponente e grandioso del barocco napoletano, irrimediabilmente perso sotto i bombardamenti anglo-americani del ’43.
E’ stato il più grande altare mai realizzato dal Sanfelice, nonché fra i più elaborati e ricchi di marmi rari. Il De Dominici lo cita con queste parole :”…di finissimi marmi commessi, che attualmente si sta terminando, e di proporzione eguale alla gran chiesa…“
Chiesa di Santa Maria in Succurre Miseris
L’architetto nel borgo dei Vergini progettò anche una chiesa per il “Conservatorio di donne” fondato dalla Principessa di Stigliano, dalla Marchesa di Bracigliano, Da Maria Caracciolo e da Dorotea del Tufo, per la redenzione di fanciulle che volevano lasciare “le mondane laidezze”. La chiesa fu edificata su un antica chiesa dedicata a Sant’Antonio e prese il nome di Santa Maria succurre miseris .” La capricciosa Chiesetta ” fu costruita a spese del reverendo Vincenzo Magnati.
Chiesa della Nunziatella
Un altro piccolo gioiello barocco, ma non meno importante, è la Chiesa dell’ Accademia militare della “Nunziatella”, dove si racchiudono tutta l’eleganza e l’armonia delle forme espresse dal Sanfelice.
Anticamente in quel luogo sorgeva un noviziato dei Gesuiti. Nel 1730 il Sanfelice edifica la splendida chiesa con collaborazione dei migliori artisti marmorari e stuccatori di quel tempo e affrescata dal De Mura.
Chiesa della redenzione dei cattivi a Port’ Alba
Nell’ agosto 1706 disegna gli stucchi per la facciata e l’interno della Chiesa della Redenzione dei Cattivi a Port’Alba che saranno realizzati da Giovanni Galise ,Domenico De Marco e Onofrio Giordano. Per la stessa chiesa disegna anche l’altare maggiore che sarà eseguito da Lorenzo Fontana e su cui Domenico Antonio Vaccaro scolpirà due splendide teste di cherubini ricciolute .
Mirabile è anche il drago “berniniano” sorretto da due angeli: tema che sarà ripreso successivamente nella costruzione del sepolcro del giureconsulto Gaetano Argento in San Giovanni a Carbonara .
Basilica di San Lorenzo Maggiore
Nel giugno del 1743 rifà la facciata della basilica di San Lorenzo Maggiore. Sicuramente non è fra le migliori realizzazioni del Sanfelice, trattandosi di sovrapposizione di una facciata barocca su una struttura gotica .
Chiesa di San Giovanni a Carbonara
Nel 1707 progetta l’infelice ristrutturazione della facciata di San Giovanni a Carbonara ma per la stessa chiesa progetta una geniale scala per il collegamento della chiesa al piano stradale. L’architetto ridisegna lo scalone monumentale principale risolvendo quindi il problema dell’accesso alla chiesa, alla Cappella Seripando e alla Cappella di Santa Monica, creando un comodo scalone monumentale a “tenaglia ” che eliminasse il dislivello con la strada e che potesse permettere quindi di raggiungere dallo stesso punto d’ingresso tutti i luoghi preesistenti del complesso agostiniano.
Nella stessa Chiesa nel 1731 organizzerà i funerali solenni, su incarico della figlia duchessa Margherita, del duca Gaetano Argento, giureconsulto patrizio di cui era stato amico. Ne progetta la Castellana (Castrum Doloris) e allestirà una cappella gentilizia per contenere il suo sepolcro.
Il lavoro del Sanfelice fu seguito con grande attenzione da Francesco Solimena che fu il supervisore del monumento funebre. Questo monumento risente molto dello stile di Gian Lorenzo Bernini come si può osservare dal meraviglioso panneggio con due nappe, che si apre sulla statua del giureconsulto.
Chiesa di Santa Maria dei Vergini
Il progetto per la costruzione della chiesa in origine era stato commissionato al Sanfelice ma non fu mai eseguito perché ritenuto troppo bizzarro e si optò per un progetto più sobrio dell’architetto Luca Vecchione. La Chiesa fu completamente rimodernata nel 1788 su disegno di Luigi Vanvitelli tranne il portale di piperno che era rimasto quello originale voluto dal Sanfelice, costruito con la collaborazione di Giuseppe Astarita .
L’Edicola di San Gennaro sul sagrato di Santa Caterina a Formiello
L’edicola col busto di San Gennaro fu commissionata dalla Deputazione del Tesoro di San Gennaro per ringraziamento per la protezione accordata alla città. Il progetto fu affidato al Sanfelice e la realizzazione scultorea a Lorenzo Vaccaro. I lavori iniziarono il 1706 e furono eseguiti in marmo bianco e piperno col caratteristico timpano spezzato, sul sagrato della chiesa di Santa Caterina a Formiello nei pressi di Porta Capuana. Lorenzo Vaccaro aveva appena finito di scolpire i due splendidi angioletti che sporgono dal timpano quando venne ucciso con una “schioppettata” da un vicino per questioni di confini. Il lavoro fu portato a termine nel 1708 dal figlio Domenico Antonio scolpendo “il busto del santo voltato verso il Vesuvio con un viso completamente diverso da quello austero dell’ imbusto angioino. Affabile e quasi bonaccione, Gennaro si affaccia da una nicchia benedicendo i passanti e con lo sguardo controlla la furia del Vesuvio”
Conclusioni
Ferdinando Sanfelice è stato un progettista anticonvenzionale sia per linguaggio che per concezione strutturale. Appare evidente dalle sue opere che il genio di questo grande architetto napoletano è stato poco sfruttato. La maggior parte dei suoi lavori, infatti, furono commissionati da privati e solo nel territorio napoletano, senza un sovrano o un papa a sponsorizzarlo e che lo avrebbe potuto immortalare nella storia dell’arte. Le ragioni sono molteplici: quando il Sanfelice iniziò a occuparsi di architettura il Barocco a cui si rifaceva era ormai alla fine, Bernini e Fanzago ne erano state le massime espressioni, e l’illuminismo e il neo-classicismo erano ormai alle porte; inoltre due astri nascenti, due giganti dell’architettura, Ferdinando Fuga e Luigi Vanvitelli, offuscarono presto l’universo artistico campano, accaparrandosi le grandi commissioni dei reali di Napoli.
La fine del barocco
Ormai il barocco era considerato “goffo e caricato” . Napoleone Sasso nel 1845, dopo aver descritto alcune opere del Sanfelice, dice : “Delle altre opere dal Sanfelice eseguite, parmi bastante averne toccato nella sua vita; ed una più minuta descrizione di essa niente aggiungerebbe o toglierebbe al mio divisamento. Avendo fatto molto delle opere del Fanzago, e dei due Vaccaro, e di quei che prima di loro caddero nel ridicolo in architettura, superfluo sarebbe il descrivere ogni altro monumento barocco” Sanfelice, in un certo senso fu messo in disparte, visto che aveva collaborato anche col precedente “regime”, il viceregno austriaco. Non ebbe mai un incarico per la costruzione di opere pubbliche dai Borbone ma ebbe molti incarichi di grande prestigio per l’organizzazione di cerimonie pubbliche e per la la costruzioni di macchine per le feste. Solo grandi ed effimere costruzioni, che servivano a a sbalordire il popolo in occasioni di grandi feste o grandi avvenimenti .
Fonti :
Camillo Napoleone Sasso: Storia de’ monumenti di Napoli e de gli architetti che gli edificavano.-Ed.la Botteguccia 1992-copia anastatica dell’originale del 1856.
G.B. Vico – Opuscoli -“nuovamente pubblicati con alcuni scritti inediti da Giuseppe Ferrara” Milano – Dalla società Tipografica dei classici italiani – MDCCCXXXVI
Franco Mancini:Feste ed apparati civili e religiosi in Napoli dal viceregno alla capitale. Ed,Scientifiche italiane 1997
Vincenzo Rizzo: Ferdinandus Sanfelicuis Architectus Neapolitanus-Luciano Editore 1999
Bernardo de Dominici : Vite de’ pittori, scultori e architetti napoletani – Ed-So.Gra.Me 1980
Maurizio Ponticello: Un giorno a Napoli con San Gennaro – Newton Compton ed. 2016
Internet :http://www.villaravaschieri.it/lievatasott/
Foto di Antonio Colecchia