L’allarme è partito con 13 cittadini svedesi e norvegesi che tra gennaio ed aprile sono stati colpiti da un batterio resistente agli antibiotici contratto nell’ospedale di Gran Canaria nelle isole Canarie durante il loro ricovero. Il timore che il batterio possa diffondersi in Europa è legato alla possibilità che i turisti, una volta tornati a casa, vengano ricoverati nei loro paesi d’origine senza che siano prese le necessarie misure di prevenzione. Le analisi genetiche hanno confermato che il virus è stato preso per tutti nello stesso luogo, ossia l’ospedale di Gran Canaria.
Si tratta del batterio Klebsiella pneumoniae St392 che produce enzimi Ora 48 e generalmente si contrae proprio nelle strutture sanitarie. Per chi non entra in contatto con i complessi sanitari, la probabilità di rimanere contagiati è molto bassa, ma avverte l’Ecdc che se il viaggiatore ne rimane contagiato c’è un alto rischio di diffusione se non gli viene rilevato subito e quindi ricoverato in ospedale una volta tornato a casa. Nelle Canarie sono stati registrati più di 15 milioni di turisti nel solo 2016, ed è quindi ben comprensibile la preoccupazione di un’epidemia in tutta Europa nel caso in cui i pazienti vengano trasferiti da un paese all’altro. Il suggerimento dunque dell’Ecdc è che ogni ospedale si informi al momento del ricovero in merito al luogo in cui i pazienti hanno soggiornato per i loro viaggi; tenendo presente che in Messico, in un ospedale pubblico di Cuernavaca, capitale dello Stato messicano di Morelos, almeno nove neonati sono morti probabilmente a causa di un batterio del genere Klebsiella. Fonti anonime parlano invece di 15 piccole vittime, i cui decessi sono avvenuti fra la fine di giugno e l’inizio di luglio nell’unità di terapie speciali neonatali dell’Ospedale generale di Cuernavaca, che ospita mensilmente 400 neonati.
Per il momento i referti medici precisano solamente che si è trattato di un batterio resistente a tutti gli antibiotici, senza aggiungere ulteriori informazioni che farebbero luce sui decessi.