Sulla rivista PLOS One, poco tempo fa, un gruppo di ricercatori ha scelto di trattare il caso della “mummia di fango” – oggi conservata presso il Chau Chak Wing Museum dell’Università di Sidney, in Australia – così denominata in quanto avvolta in un guscio di fango simile a un bozzolo.

Acquistata nel 1800 da un politico inglese-australiano e collezionista, Sir Charles Nicholson, la mummia viene considerata una scoperta impareggiabile in quanto riguarda un trattamento mortuario non precedentemente documentato nella documentazione archeologica egiziana”.

Secondo i ricercatori, lo strano bozzolo sarebbe stato utilizzato per poter stabilizzare la mummia dopo un danneggiamento, o in un “tentativo di emulazione” delle pratiche dell’élite della società, che talvolta venivano mummificate usando materiali a base di resina a partire dal tardo Nuovo Regno alla XXI dinastia, che va dal 1294 a.C. circa al 945 a.C.

Originariamente, la donna trasformata in mummia è stata prima mummificata e poi avvolta in bende di tessuto; solo dopo, tra gli strati dell’involucro, è stato versato un composto di fango, sabbia e paglia tramite fogli quando questo era ancora abbastanza umido e flessibile, applicando infine il carapace.

Ma la “mummia di fango” non è l’unica ad essere stata sottoposta a riparazioni post mortem; prima di lei vi sono il re Seti I – riavvolto nelle bende più di una volta – e il re Amenhotep III – nonno del re Tut – che ha subito varie volte il bendaggio.

 

Fonte articolo: ScienceAlert & PlosOne

Fonte foto: keblog.it

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