La nomina di Mario Draghi come presidente del Consiglio, fa temere a tanti un governo tecnico che imponga sacrifici ai cittadini, memori dell’esperienza con l’esecutivo di esperti guidato da Mario Monti.
In due interventi Mario Draghi ha più volte ribadito la necessità di non fare tagli e aumentare la spesa pubblica, abbassando le tasse, aumentando i sussidi a lavoratori e imprese, e investendo sui giovani.
In un editoriale apparso a marzo sul Financial Times, il nuovo presidente del Consiglio scriveva che “la pandemia di coronavirus è una tragedia umana di proporzioni potenzialmente bibliche…Le azioni che i governi stanno intraprendendo per scongiurare la crisi dei loro sistemi sanitari sono coraggiose e necessarie, e devono essere sostenute. Tuttavia, queste azioni comportano anche enormi e inevitabili costi economici. Molte persone rischiano la vita, e molte di più rischiano di perdere le loro fonti di sostentamento. Le aziende di tutti i settori si trovano ad affrontare un crollo degli introiti, e molte si stanno già ridimensionando e licenziando lavoratori. È inevitabile una profonda recessione“.
Il primo punto fermo per Draghi è quello di continuare a sostenere i cittadini in difficoltà. “Livelli di debito pubblico molto più elevati diventeranno una caratteristica permanente delle nostre economie e andranno di pari passo con misure di cancellazione del debito privato. Il ruolo dello Stato è proprio quello di usare il bilancio per proteggere i cittadini e l’economia dagli shock di cui il settore privato non è responsabile e che non può assorbire. Gli Stati lo hanno sempre fatto durante le emergenze nazionali. Le guerre, il precedente più rilevante, sono state finanziate con l’aumento del debito pubblico”, scriveva Mario Draghi sul Financial Times.
Il presidente ancora spiega: “La questione fondamentale non è se, ma in che modo lo Stato possa fare buon uso del suo bilancio. La priorità, infatti, non deve essere solo fornire un reddito di base a chi perde il lavoro, ma si devono innanzitutto proteggere le persone dal rischio di perdere il lavoro. Se non lo faremo, usciremo da questa crisi con un’occupazione e una capacità produttiva danneggiate in modo permanente, ma le famiglie e le aziende faticheranno a riassestare i bilanci e a ricostruire patrimonio netto”.
“I sussidi di occupazione e di disoccupazione e il rinvio delle scadenze per le imposte sono passi importanti che sono già stati introdotti da molti governi. Ma proteggere l’occupazione e la capacità produttiva in un momento di drammatica perdita di guadagni richiede un sostegno immediato in termini di liquidità. È un passo essenziale per tutte le aziende, per poter coprire le spese di gestione durante la crisi, sia per le grandi sia, ancor di più, per le piccole e medie imprese, per i lavoratori e imprenditori autonomi. Diversi governi hanno già introdotto misure positive per incanalare la liquidità verso le imprese in difficoltà, ma serve un approccio più globale“, sottolineava Mario Draghi.
Anche grazie al Recovery fund, l’idea dell’economista è quella di un “debito buono“, che potrebbe diventare parte integrante del suo programma di governo. Uno Stato dunque che interviene per evitare ai cittadini di far perdere il lavoro, attraverso sussidi e la cancellazione dei debiti privati.
In occasione del 41esimo Meeting di Rimini di Comunione e Liberazione, lo scorso agosto, Draghi aveva inoltre sottolineato la necessità di investire nell’ambito dell’istruzione. “Ma c’è anche una ragione morale che deve spingerci a questa scelta e a farlo bene. Il debito creato con la pandemia è senza precedenti e dovrà essere ripagato principalmente da coloro che sono oggi i giovani. È nostro dovere far sì che abbiano tutti gli strumenti per farlo pur vivendo in società migliori delle nostre”, sottolineava.