Tutti i giorni uguali l’uno all’altro, in una periferia tra metropoli e natura incontaminata. E’ questa la vita condotta da Marcello, un uomo mite che gestisce un salone di toelettatura per cani, che passa le sue giornate tra il lavoro e l’accudire la figlia Sofia, oltre ad un ambiguo rapporto con Simone, un ex pugile da poco scarcerato che intimidisce ed estorce denaro ai negozianti del quartiere. Sopraffatto dalla personalità di Simone e stanco di essere vittima di bullismo e soprusi, Marcello ne diviene l’aiutante in una serie di rapine nella cittadina in cui vivono. Fedele all’amico, l’uomo tradisce se stesso e i compaesani, ma il peso delle proprie azioni è insostenibile, tanto da autoaccusarsi, finendo per un anno in carcere, lontano dalla adorata figlia. Dopo aver perso tutto, per Marcello arriva la presa di coscienza, ma anche un’insaziabile sete di vendetta…
Si tratta del nono lungometraggio del regista Matteo Garrone e della sua quinta presentazione al Festival di Cannes, dove ha già vinto il Gran premio della Giuria nel 2008 con Gomorra e nel 2012 con Reality. La storia si ispira a un fatto di cronaca nera di trent’anni fa, quando Pietro De Negri, passato alle cronache criminali come “il canaro della Magliana“, nel 1988 uccise l’ex pugile suo amico e taglieggiatore Giancarlo Ricci.
Di particolare interesse non i fatti, quanto il ritratto dell’uomo evidenziato da Garrone:”… che nel tentativo di riscattarsi dopo una vita di umiliazioni, si illude di aver liberato non solo se stesso, ma anche il proprio quartiere e perfino il mondo. Che invece rimane sempre uguale, e quasi indifferente”. Scarcerato dopo 16 anni per seminfermità mentale, De Nigri raccontò ogni dettaglio delle sevizie a cui aveva sottoposto l’uomo da cui si sentiva vessato. In fase processuale si scoprì però, che parte di tutto ciò era frutto dell’immaginazione del toelettatore, che Ricci era morto dopo mezz’ora senza mai essere chiuso nella gabbia, dove non sarebbe nemmeno entrato, e che le mutilazioni erano state tutte inflitte alla vittima post-mortem. Dopo trent’anni, la curiosità sull’accaduto è talmente viva, che paparazzi e cronisti hanno preso d’assalto i protagonisti reali di quella vicenda, tanto che la madre di Ricci, ha richiesto, senza successo, il sequestro del film, annunciando una querela per diffamazione. Ma l’omicidio Ricci, pare abbia stuzzicato anche un altro regista, ossia Sergio Stivaletti, il cui film “Rabbia furiosa – Er Canaro”, è uscito il 7 giugno 2018, puntando l’attenzione non sul personaggio ma sui particolari orrorifici della vicenda.
Nel film di Garrone a interpretare De Negri è l’attore calabrese Marcello Fonte, anche scultore e musicista, mentre l’ex pugile nonché vittima, è Edoardo Pesce, già noto al grande pubblico televisivo per Romanzo criminale; ed a poco più di un mese e mezzo dall’uscita, il film ha vinto otto Nastri d’argento, ovvero: miglior film dell’anno, regia, produzione, scenografia, sonoro, montaggio, casting director e attori protagonisti.
I giusti riconoscimenti quindi, per un film che si ispira a fatti reali, ma che da questi non si lascia travolgere, che lascia intravedere il suo cuore horror senza mostrarlo veramente, che lascia ad altri il racconto della violenza, che attanaglia al personaggio abilmente intagliato.