Si parla spesso di quanto siano belle ed efficienti le società scandinave, con le loro popolazioni giovani e ricche e i loro standard di vita tra i più alti al mondo (senza per questo avere bisogno di farsi coinvolgere in conflitti e polemiche internazionali).
Questi paesi che appaiono come coloro che non sbagliano mai, in questo periodo hanno deluso i fautori di queste terre per le loro scelte.
In questi giorni, infatti, il Fondo Sovrano Norvegese ha approfittato dell’improvvisa richiesta di fondi da parte del governo per vendere 38 miliardi di euro di azioni appartenenti a compagnie inquinanti. Da anni il Fondo, che è amministrato dalla Norges Bank, è impegnato a liberarsi delle azioni di società che non rispettano parametri etici sempre più stringenti e, considerando la potenza economica di questa istituzione (che può contare su un triliardo di euro di capitale), il suo supporto potrebbe non essere irrilevante.
Il Fondo Sovrano Norvegese nacque nel 1990 per gestire una parte dei guadagni degli enormi giacimenti petroliferi che erano stati trovati al largo delle coste del paese. Si sperava, così, di creare un valido sostegno al welfare delle generazioni successive, anche nel caso sfortunato in cui il petrolio avesse perso il suo valore o si fosse esaurito. Anni di investimenti sicuri, ma anche vantaggiosi, hanno permesso al Fondo di aumentare il proprio volume consistentemente, arrivando a detenere l’1.5% di tutto il capitale azionario mondiale. In pratica è come se ogni singolo cittadino norvegese avesse quasi 200 mila euro investiti per i propri figli e la propria pensione.
Mentre la maggior parte dei paesi europei e sudamericani affoga nell’indebitamento e si trova in difficoltà a causa degli errori commessi in 40 anni di neoliberismo, quello che in altri momenti si sarebbe potuto chiamare “dinosauro di Stato” sta dando alla Norvegia la possibilità di passare senza troppi problemi oltre la tragedia del Coronavirus.