La campagna “Diamoci una mano” è stata lanciata in rete dal giornalista Simone Marchetti, direttore editoriale di Vanity Fair Italia, per far diventare virale la richiesta di accettazione del Ddl Zan.
Sono tanti i personaggi famosi, volti dello spettacolo e della cultura che pubblicano una loro foto chiedendo l’approvazione del provvedimento mostrando la mano con su scritto “Ddl Zan” e l’hashtag #diamociunamano.
Il Ddl Zan, che sta spopolando sui social nelle ultime ore, si chiama esattamente “Misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità”, una definizione che non si limita alla sola comunità LGBT (è una sigla usata per indicare collettivamente la comunità Lesbica, Gay, Bisessuale e Transgender).
Si chiama Ddl Zan perché il suo relatore è il deputato Alessandro Zan, esponente della comunità LGBT italiana.
Nel Ddl Zan è specificato che “per SESSO si intende il sesso biolo¬gico o anagrafico; per GENERE si intende qualunque ma¬nifestazione esteriore di una persona che sia conforme o contrastante con le aspettative sociali connesse al sesso; per ORIENTAMENTO SESSUALE si intende l’attrazione sessuale o affettiva nei confronti di persone di sesso opposto, dello stesso sesso, o di entrambi i sessi; per IDENTITÀ DI GENERE si intende l’i¬dentificazione percepita e manifestata di sé in relazione al genere, anche se non corrispondente al sesso, indipendentemente dall’aver concluso un percorso di transizione”.
Con la sua approvazione in Senato, ci sarebbe la modifica degli articoli 604-bis e 604-ter del Codice Penale in materia di violenza/discriminazione per motivi di orientamento sessuale o identità di genere e l’istituzione di alcuni nuovi reati, l’istituzione di una giornata nazionale contro le discriminazioni (il 17 maggio) e lo stanziamento di 4 milioni di euro all’anno per iniziative di contrasto al fenomeno. Le pene previste per i trasgressori sono molto severe: dalla reclusione fino a 1 anno e 6 mesi (o una multa fino a 6 mila euro) per chi istiga o commette atti di discriminazione contro le categorie citate e fino ai 4 anni di reclusione, per chi partecipa o favorisce le organizzazioni, le associazioni, i movimenti, i gruppi che hanno lo scopo, o uno degli scopi, nell’incitamento alla discriminazione o alla violenza sulle suddette categorie.
Il Ddl Zan non trova l’accordo di Lega e Fratelli d’Italia che, sostenuti dai rami cattolici, non ritengono necessaria una legge ad hoc contro atti e manifestazioni violente e discriminatorie fondate sull’identità sessuale e di genere. Secondo questi partiti sarebbe sufficiente la tutela offerta dalla Legge 25 giugno 1993, n. 205 (c.d. Legge Mancino) che sanziona e condanna gesti, azioni e slogan aventi per scopo l’incitazione alla violenza e alla discriminazione per motivi razziali, etnici, religiosi o nazionali.
Tale è l’indignazione per il blocco in Senato del Ddl Zan, che la campagna a sostegno della sua calendarizzazione è “sbarcata” anche in Honduras, al programma “L’isola dei famosi”, dove Angela Melillo, durante il momento delle nomination, aveva un biglietto con su scritto “Ddl Zan”.