Che fossero tedesche, francesi, italiane, spagnole, inglesi o scozzesi, pare che tutte le streghe usassero gli stessi strumenti e facessero più o meno le stesse prodezze. Forse più di qualsiasi altra cosa, è stata questa uniformità, fondata per lo più sulla leggenda, sugli stereotipi inquisitoriali e sulle confessioni strappate con la tortura, ad imprimere così vivamente l’immagine della strega nella fantasia popolare. La documentazione sulla stregoneria è ricca di racconti di streghe che cavalcano il manico di una scopa e sembra che questa tradizione sia antica, forse precristiana, e gli atti dei processi per stregoneria del XVI e XVII secolo vi si riferiscono presto. Alla fine del XVI secolo, il cacciatore francese di streghe Henri Boguet, al quale si attribuisce lo sterminio di circa 600 streghe, capace di condannare un’indiziata solo perché il crocefisso del suo rosario mostrava qualche piccola imperfezione fatta con la lega del Diavolo, per esempio annotava: “Françoise Secrétain ammise che, per recarsi al sabba, poneva un bastone bianco tra le gambe e poi pronunciava certe parole ed era trasportata in aria fino al luogo del convegno“.
La strega scozzese , Isobel Gowdie giunse perfino a rivelare la sua formula per far volare una scopa, una stecca od una paglia: “Cavallo e cappello, cavallo và, cavallo a sfera, Ha! Ha! Ha!“. Una strega confessa della Savoia disse ai suoi inquisitori che ordinava semplicemente alla sua scopa: “Và! in nome del Diavolo và!“. Altri accessori altrettanto familiari erano il lungo mantello nero con cappuccio e calderone dove gorgogliava un intruglio, ed il mantello, nonostante la sua origine antica, non sembra aver avuto altra funzione al di fuori di preservare l’anonimato della strega, mentre il calderone era un accessorio indispensabile della magia. Con gli intrugli disgustosi che bollivano nel suo calderone, la strega poteva preparare veleni letali, filtri magici o anche unguenti medicamentosi. Anne Marie de Georgel, una strega che viveva a Tolosa nel XIV secolo, ammise di aver preparato uno stufato a base di erbe velenose, pezzi di cadaveri di uomini ed animali e lembi di indumenti strappati ad un impiccato. Gli atti del processo non rivelano a che cosa potesse servire il decotto, ma sicuramente non doveva essere benigno.
Le erbe usate in questi malefici intrugli andavano probabilmente raccolte quando la luna era calante e per produrre effetti benefici invece, si raccoglievano quando la luna era piena. Per esempio, le foglie di alcune piante raccolte a luna piena ed accuratamente bollite, formavano un decotto destinato a migliorare i poteri di chiaroveggenza. Per il loro sabba o convegni, le streghe si servivano anche di candele. Al suo processo celebrato in Francia nel 1616, la strega Barthelemy Minguet di Brecy, descrisse una di queste cerimonie: “Quando i fedeli vanno all’offertorio, tengono in mano delle candele di pece nera date a loro dal Diavolo“.
Nel rituale del sabba, non va dimenticato il “cerchio magico“, che si tracciava al suolo con la punta di un coltello magico e servivano per unificare e potenziare il potere delle streghe. Per contenere i filtri magici, la strega poteva usare una normale bottiglia oppure servirsi di orci panciuti, che furono ritrovati a Londra, alla fine della Seconda Guerra Mondiale, seppellite nelle fondamenta di vecchie case. Contenevano capelli umani attorcigliati intorno a chiodi di metallo, ritagli di unghie e pezzi di stoffa a forma di cuore trafitti da spilli. Nel 1886, venne alla luce nel Somerset, in Inghilterra, un altro accessorio appartenuto alle streghe, dove secondo un giornale del luogo, un’impresa di costruzioni aveva scoperto, in una camera segreta, un pezzo di corda lungo 1,5 metri nel quale erano state inserite penne d’oca, di corvo e di cornacchia, ed un vecchio abitante del villaggio disse che forse si trattava di una ghirlanda delle streghe, un oggetto comunemente usato per gettare il malocchio.
Fonte articolo e foto: Fabio Giovanni Rocco, https://misterieprofezie.blogspot.com/2019/07/stregoneria.html