Dopo l’ininterrotto stop di oltre due mesi, molti negozi hanno potuto riaprire i loro battenti ma, per molti consumatori, è iniziato il problema dei rincari, da quanto si evince dalle decine di segnalazioni presso il Codacons.
I primi ad essere messi sotto accusa per gli aumenti sono bar e parrucchieri – con il caffè che sembra costare il 53% in più, mentre un taglio di capelli e una messa in piega sembrano essere aumentati del 25% – che si sono rimessi in azione per recuperare il tempo perduto.
Tali aumenti per bar e parrucchieri variano di città in città: a Milano, il prezzo di un espresso è arrivato a 2 euro (+53,8%), a Roma 1,5 euro (+36,3%) e a Firenze 1,7 euro (+21,5%); mentre, per i parrucchieri, si è visto un aumento nei rincari per shampoo, messa in piega, taglio, con il prezzo di un taglio da 20 a 25 euro (+25%), e con punte che arrivano al +66%.
Con un’inflazione che, durante il mese di aprile, ha registrato una variazione su base tendenziale dello 0,1% su base mensile, il prezzo delle verdure ha percepito un aumento che dal 3,7% al 6,9%, come pure il pane confezionato è aumentato dell’1,7%, mentre la farina ha subito un rincaro dell’1,5%.
È per via di questi ed altri “rincari sospetti” – detergenti e prodotti per la pulizia della casa +1,6%, uova + 1,3% (+3,1% annuo), latte conservato +1,2% – che l’Unione nazionale consumatori ha potuto ottenere un’indagine preistruttoria sull’attuale andamento dei prezzi dei generi alimentari di prima necessità da parte dell’Antitrust.
Il sospetto, emerso finora, è quello di un contributo extra, una sorta di tassa di solidarietà inserita di nascosto per coprire le varie spese aggiuntive, come quelle di sanificazione, con il recupero dei mancati guadagni e dei maggiori costi legati al coronavirus sui consumatori finali.