Le idee delle pari opportunità tra uomo e donna hanno origini abbastanza remote, ne è esempio la figura di Christine de Pizan, una scrittrice e poetessa di origini italiane, che già verso la fine del 1300 iniziò a sollevare la questione nei propri scritti, aprendo la strada per l’evoluzione della condizione femminile ingiustamente considerata inferiore.
Christine o Cristina nasce a Venezia nel 1365, suo padre Tommaso da Pizzano era un medico e astrologo di grande fama, e quando lei aveva solo 4 anni insieme a tutta la famiglia, composta anche dalla madre e due fratelli, si trasferisce a Parigi alla corte di Carlo V. Lì la giovane inizia una vita molto attiva, poiché il padre le permette di frequentare un fervido ambiente intellettuale e, nonostante la contrarietà della madre, le impartisce una forte educazione letteraria, un vera e propria rarità per le donne dell’epoca; addirittura le è concesso di avere accesso alla meravigliosa Biblioteca Reale del Louvre ed inizia a scrivere poesie e ballate apprezzate a corte. All’età di 15 anni sposa Etienne de Castel, segretario del re, con cui avrà tre figli. Il suo è un matrimonio felice, finché il marito non muore nel 1390 durante un’epidemia. Di lì una serie di disgrazie si susseguono, muore il padre ed anche Carlo V, suo protettore, la famiglia cade in miseria e a 25 anni resta completamente sola, ed in quel momento capisce che deve diventare «un vero uomo» , come scriverà lei stessa successivamente.
In questa condizione di disgrazia, sola e così giovane, Christine apre una bottega di scrittura, con maestri calligrafi, rilegatori e miniatori. Nel frattempo inizia a pubblicare i suoi scritti, il primo è “Le Livre des cent ballades”, che ottiene un enorme successo, e a seguire nel 1405 completa il suo più grande capolavoro, “La Città delle Dame”, un testo in risposta ai libri di Boccaccio, De Meung e del filosofo Mateolo, testi impregnati di una visione dispregiativa nei confronti delle donne, considerate esseri inaffidabili, seduttrici e viziose. Ma lei non può accettare tutto questo e ispirandosi a “La città di Dio” di Sant’Agostino, mette in evidenza, invece, le grandi potenzialità delle donne a cui non è permesso esprimersi, ed immagina una società governata tutta al femminile tra sante, eroine, poetesse, scienziate e regine, insomma tutte le grandi figure femminili della storia.
Il tema centrale del suo capolavoro è l’educazione femminile, a cui non è dato alcun valore, anzi è addirittura negata, in quanto gli uomini non possono accettare che un donna ne sappia più di loro e affermare la propria intelligenza e/o indipendenza. Tutti i suo libri successivi saranno incentrati su questo tema, quindi scriverà “Livre de Corps de police” in cui invita i principi ad aiutare le vedove, “L’Epistre au Dieu d’Amours”, in cui condanna coloro che usano l’amore per ingannare le donne, “Livre de Trois Vertus” dove incoraggia le donne a uscire dagli stereotipi sessuali, e nel 1429, quando la santa è ancora in vita, scrive un poema in difesa di Giovanna D’Arco. A 65 anni decide di ritirarsi in convento, dove morirà dopo alcuni mesi nel 1430.
Cristina ha aperto una nuova strada, ma è stato difficile e molto contrastato il percorso da lei iniziato, che ha visto solo nel 1678, dopo ben 250 anni, la prima donna laureata nel mondo: la veneziana Elena Cornaro, riuscita a laurearsi in filosofia, nonostante la sua predilezione per la teologia, ma questa è un’altra storia…