Napoli. Il 27 e il 28 marzo si è proiettato, in poche sale, il film documentario “Caravaggio l’Anima e il Sangue”.
Anima e sangue sono sicuramente parole simbolo che accompagnano la vita di questo uomo, un’icona di quanto l’uomo può al contempo essere sublime e terreno, mistico e mediocre. Il film ripercorre, con immagini e musiche suggestive, la vita e le opere dell’artista, le sue carambolesche avventure proprio di un personaggio romanzesco, addirittura per un periodo è anche cavaliere di Malta per poi essere invischiato in fatti di sangue e violenza.
La duplicità dell’animo umano mi colpisce, la coesistenza di genio e sregolatezza che contraddistingue gli uomini destinati alla storia. Ho sempre pensato che l’Arte in senso stretto ed universale allo stesso tempo, quella riconosciuta come tale dai più in maniera rasente l’oggettività assoluta, sia guidata da una forza altra che rientra nelle sembianze umane per indurci noi terreni verso il sublime.
Il film documento indugia nei dettagli dell’opera, ce ne rende partecipi e protagonisti soprattutto nelle sensazioni che sprigionano nell’animo di chi le guarda. Non potevano essere opere di una persona lineare, con vita tranquilla, ‘borghese’ termine desueto in quanto si dà una accezione di mediocrità, ma questo è altro argomento.
Le sue opere sono frutto di un tormento interiore, struggente, capace di trasmettere stati d’animo attraverso la pittura. Gli sguardi che lui dipinge guardano, parlano, si esprimono, le sue rappresentazioni sono vitali, ne facciamo parte, sono testimonianza. Per rappresentare il sublime dell’anima parte dal terreno, dalla vita qui, dalle facce che ha conosciuto e che se pur di vite meschine lui le ha sublimate in vergini, santi, martiri mettendoli in risalto.
Nelle sue opere lo sfondo è sfondo scarno, senza importanza perché lui racconta l’anima intrisa sì col sangue che le dà vita, una vita che oltrepassa la storia ed è oggi di una contemporaneità che ci appartiene.