Anni fa un improvviso black-out durato varie ore paralizzò l’intero Paese. Avvenne nel settembre del 2003.

Molti cittadini protestarono e fecero addirittura svariati ricorsi per recriminare il risarcimento dei danni subiti. In prima fila c’erano commercianti, artigiani, imprenditori.

Infatti, pur essendo domenica, ci furono dei danni connessi alle loro attività esercitate anche nei giorni festivi.

Si pensi ai bar, ai pub, alle pasticcerie, ai ristoranti.

Naturalmente anche i privati, pur dentro le mura domestiche, subirono dei danni, seppure di entità minore. Una sentenza del Giudice di Pace di Casoria fece scalpore: si accolse il ricorso di un privato in tema di risarcimento danni causati da quell’evento. È la sentenza n. 2961 del 13 luglio 2005.

In questa sentenza si parlò di responsabilità del debitore (in questo caso l’ente che somministra l’energia elettrica) e del contratto di somministrazione della fornitura elettrica (rispettivamente artt. 1218 e 1559 c.c.). il privato che propose rituale ricorso, sotto forma di atto di citazione, ha indicato le conseguenze derivanti dal predetto black-out elettrico, cioè uno stravolgimento delle normali attività proprie e della sua famiglia, l’avaria di alcuni cibi che costituiscono le normali scorte alimentari di una famiglia e che si deteriorano, se non costantemente refrigerate (latte, carne, uova, ecc.), la rinuncia a quelle attività di svago che sono “normali aspettative di ogni essere umano nel giorno di riposo”.

Ecco sinteticamente il ragionamento del ricorrente: per effetto della sottoscrizione del contratto di somministrazione di energia elettrica, l’ente che gestisce la fornitura di energia elettrica assume l’obbligo di mantenere a disposizione del somministrato una quota di energia elettrica. Questa obbligazione è completamente distinta rispetto a quella principale di erogazione dell’energia, ma ad essa accessoria; quindi ha eccepito l’inadempimento contrattuale o extracontrattuale dell’ENEL e ne ha chiesto la condanna al pagamento del danno patrimoniale e del danno esistenziale, ma nei limiti di €. 1032,00.

La controparte si difese eccependo che l’interruzione energetica era dovuta a causa non imputabile all’ente, proprio ai sensi dell’articolo 1218 codice civile, in quanto l’energia elettrica non gli era stata fornita, come per legge, dal gestore della rete di trasmissione Nazionale per la caduta di un albero a causa di un uragano. Tale circostanza doveva essere considerata, a suo dire, una causa di forza maggiore.

L’ente sostenne pure che la legge non permetteva di premunirsi, rispetto ad un simile evento, mediante l’utilizzo di centrali di produzione di riserva e relative reti di trasmissione. Il ricorso fu accolto, sulla base delle seguenti considerazioni: la sospensione della somministrazione dell’energia elettrica integra comunque la mancata esecuzione del contratto di fornitura, che obbliga la parte inadempiente al risarcimento dei danni, e sulla circostanza secondo cui il gestore non provò che l’inadempimento era riconducibile a causa allo stesso non imputabile (l’ENEL); cioè non rientrava tra i casi di forza maggiore. Su questa delicata questione intervenne anche la Corte di Cassazione che con sentenza n. 20324 del 21/09/2009 chiarì che non era risarcibile il danno cagionato all’utente da quel disastroso black-out, se non sussisteva la prova del danno-conseguenza. Perciò, senza la sussistenza di questa prova concreta, non poteva essere concepibile il risarcimento predetto. In effetti la sentenza del 2009 della Corte di Cassazione poggia su dei principi consolidati nel nostro ordinamento giuridico. Solo la dimostrazione concreta della prova del legame che unisce la causa all’effetto (il danno) può giustificare un risarcimento dei danni subiti, ma, se manca, nessun danno deve essere risarcito dall’ente.

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