Ancora oggi le rovine sommerse di Baia dimostrano, con i fatti, di avere numerose altre storie da rivelare, dato che un’intera area inghiottita dalle acque racchiude chissà quali segreti, future scoperte, meravigliose innovazioni di cui, purtroppo, si ignora ancora l’esistenza. L’Università Iulm di Milano, insieme al Parco Archeologico dei Campi Flegrei, ha ora un preciso scopo, ovvero, svelare i misteri di questo straordinario sito subacqueo. Tale connubio ha permesso di ritrovare, dopo un incredibile lavoro, le piscine termali edificate nella zona di Baia, costruite più di duemila anni fa, quando i romani abbellivano le loro case patrizie con piscine panoramiche sul mare. Inizialmente classificate come vasche di allevamento del pesce tipiche dell’epoca, si sono rivelate, dopo più attenti controlli, delle piscine che fungevano, secondo gli archeologi, da appendici di una villa risalente ai primi insediamenti romani nella zona, e la datazione le collocherebbe fra la fine dell’età repubblicana e le prime fasi dell’età augustea, intorno alla seconda metà I sec. a.C.
Come quelle di oggi, le vasche avevano un puro scopo ricreativo, e venivano riempite, per gli studiosi, con acqua di mare o termale dei Campi Flegrei, ancora oggi presente in grandi quantità nella zona e, come noi, i nostri antenati occupavano il tempo libero rilassandosi, con una discendenza e una reiterazione nel tempo che sembra garantire la filiazione diretta e la presenza del passato nel presente. Ciò che ha fortemente colpito gli archeologi è stato il riconoscimento dell’opus reticulatum, la cui peculiarità costruttiva tipicamente romana consisteva nell’utilizzo di mattoni quadrati disposti in un ordine diagonale, così da poter formare un perimetro dalla superficie “reticolata”. I lavori sul sito sommerso proseguiranno, nel tentativo di ricostruirne il volto con una maggior precisione possibile.