Sulla storia romana e sugli imperatori in particolare si potrebbero scrivere verità e finzioni. in particolare molte delle fonti sono legate all’area politica sociale e culturale che non sempre erano vicine all’imperatore stesso.
Ad esempio l’Historiae Augusta era indubbiamente di derivazione senatoriale e molti grandi cosiddetti Storici Romani erano legati ai Senatori, altre fonti invece sono di storici che hanno scritto delle gesta solo dopo decenni, infine, restano gli storici cristiani che ovviamente hanno interpretato la loro visione molto radicata all’accettazione o meno della stessa fede. Restano oggi più attendibili i ritrovamenti archeologici: sia essi marmorei, stele epigrafi, scritte, affreschi, e similari.
Questo è un sunto ed un accenno per conoscere Augusto.
Gaio Giulio Cesare Augusto o meglio Gaio Ottavio Turino nato a Roma il 23 settembre 63 a.C. divenne imperatore romano dal 27 a.C. al 14 d.C. Dopo la vittoria della Battaglia di Azio, nel 27 a.C., contro Marco Antonio e Cleopatra, Ottaviano restituì formalmente nelle mani del Senato e del popolo romano i poteri straordinari assunti per la guerra. Nato da una famiglia non del tutto patrizia, da parte di madre sicuramente perché legata a Cesare, ma non di certo dagli Ottavi. Infatti finché non resterà solo al potere i suoi antagonisti lo chiameranno Ottaviano proprio per offenderlo e ricordargli da dove arrivava.
Le sue capacità più importanti, non furono militari ma di aver scelto due persone giuste, il suo grande amico Agrippa e Mecenate.
quando e dopo vari stratagemmi, capacità diplomatiche e molti errori che fece lo stesso Marco Antonio riuscì a prendere il potere e il benestare della Roma senatoriale la sua figura da gracile erede dei possedimenti di Cesare, divenne il restauratore della Repubblica.
Ricevendo in cambio un potere che la stessa Repubblica gli aveva dato con il titolo Augusto che proviene dalla parola augere = aumentare + augurium, vale a dire, verso Romolo. Ad aggiungersi ci sarà il titolo di Princeps, sarebbe il vero potere dato sempre al Senato, che gli permetteva con imperio proconsulare il controllo sulle provincie imperiali (che lui stesso divise in interne ed esterne). Assunse anche il titolo di Maius vale a dire maggiore su tutte le provincie, di conseguenza quelle interne legate al Senato comunque le poteva gestire lui. Infine potere illimitato (senza tempo). Il secondo potere per eccellenza sarà la Tribuninia Potestas un potere che era stato dei Tribuni del popolo, meglio spiegato nell’inviolabilità della persona (quindi mettere anche a morte chi attentava alla sua persona (una regola interpretabile) e il diritto di veto nei confronti del Senato. Di conseguenza divenne in poco primo senatore, primo cittadino, con potere su tutte le province, al disopra delle decisioni del Senato e nessuno poteva inquisirlo perché aveva l’immunità. Per chiudere divenne anche Pontefice massimo, che presiedeva alla sorveglianza e al controllo di tutto il culto religioso della società romana (sia nell’aspetto pubblico che in quello privato).
Una delle prime azioni politiche e sociale fu di intervenire sulla trasformazione della città si ebbe da subito così da accaparrarsi sia la benevolenza del popolo sia quella senatoriale (perché questi ultimi si sarebbero accaparrati prestigio e denaro negli investimenti). Così fece per tutta Italia, comprese la fitta creazione di rete stradali. Riorganizzò le province in interne ed esterne, con all’interno dell’esercito generali di professione e non più senatoriali, riorganizzò anche il sistema monetario. Augusto si avvalse dell’aiuto dei letterati dell’epoca per rielaborare il mito delle origini di Roma, andando a prefigurare una nuova età dell’oro che trovò come principali interpreti, autori come Virgilio, Orazio, Livio, Ovidio, Properzio e Vario Rufo, facenti parte del cosiddetto “circolo letterario di Mecenate.” A quest’ambiente letterario appartenne anche Gaio Cornelio Gallo, che fu sia poeta sia uomo politico: come tale divenne il primo Prefetto di Alessandria d’Egitto.
Pur non avendo grandi doti militari non fu poi così pax augustea, e proprio grazie all’aiuto di Agrippa, ed i figli della moglie Livia, Tiberio e Drusio, obiettivo era di stabilizzare i confini. Livia fu la donna della sua vita, l’amò alla follia tant’è vero che la donna era già sposata con Tiberio Claudio Nerone che era stato nemico di Ottaviano ai tempi della Battaglia di Filippi contro Bruto e Cassio e a favore di Marco Antonio. Mentre Augusto divorziava con Scribonia, che dava alla luce l’unica sua figlia Giulia, obbligò dopo l’amnistia generale dei proscritti a Tiberio Claudio Nerone e divorziare (si racconta che lo stesso ex marito accompagnerà sull’altare Livia).
Si racconta che alla sua morte ovvero nell’ultimo giorno della sua vita, Augusto chiese uno specchio, si fece sistemare i capelli e, chiamati i suoi amici, chiese loro se avesse ben recitato la commedia della vita, aggiungendo la tradizionale formula conclusiva: «Se la commedia è stata di vostro gradimento, applaudite e tutti insieme manifestate la vostra gioia.» Il suo corpo venne trasportato da Nola a Roma. Ebbe due orazioni funebri: una di Tiberio davanti al tempio del Divo Giulio, l’altra di Druso minore, il figlio di Tiberio. Subito dopo i senatori lo portarono a spalla fino al Campo Marzio dove venne cremato.
Un vecchio pretoriano giurò di aver visto salire al cielo il fantasma di Augusto, subito dopo la sua cremazione. I personaggi più influenti dell’ordine equestre, in tunica, senza cintura, a piedi nudi, deposero i suoi resti nel mausoleo a lui dedicato, fatto costruire tra la via Flaminia e la riva del Tevere durante il suo sesto consolato, avendo poi aperto al pubblico i boschetti e le passeggiate da cui era circondato. Lasciò tre rotoli con le sue ultime disposizioni: quelle del funerale, un riassunto delle opere, da incidere su tavole in bronzo e da collocare davanti al suo mausoleo Res Gestae, e la situazione dell’Impero (quanti soldati erano sotto le armi e dove erano dislocati, quanto denaro era rimasto).
Già in vita era adorato come un padre della patria e così alla sua morte. Lasciava Giulia unica figlia, sposata prima ad Agrippa, alla morte di costui obbligata a sposare Tiberio, il fratellastro ombroso, futuro imperatore, e figlio di primo letto di Livia. Cercò un erede nei figli di lei, ma due morirono in guerra e uno fu rinchiuso perché pazzo. Così Livia era riuscita a far entrare in linea di successione i suoi due figli, ma anche Drusio (che piaceva tanto ad Augusto) era morto. Così lo stesso imperatore si rivolse al figlio di costui, Germanico (che sarà un grande generale) ma all’epoca era troppo giovane e quindi dovette cedere a Tiberio. Il rapporto tra Augusto e Tiberio non fu dei migliori, tant’è vero che seppur diede a lui il titolo di successore pretese che quest’ultimo dovesse adottare Germanico per farne poi a sua volta il successore (ma anche Germanico morì), bloccando la possibilità a Drusio minore figlio di Tiberio di salire come terzo imperatore. Lo stesso Augusto volle lasciare di sé un’immagine eroica nelle Res gestae, consapevolmente sostenne Virgilio in questa celebrazione nell’Eneide: durante la sua vita Augusto aveva evitato di attribuirsi appellativi divini, ma subito dopo la sua morte fu subito considerato una divinità.
A lui viene attribuita una frase riportata dagli storici: “Ho trovato una Roma di Legno e mattoni e l’aveva lasciata di marmo”.
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