L’esercito, questa mattina, ha iniziato lo sgombero forzato dei migranti presenti all’interno del C.A.R.A. di Castelnuovo di Porto, a Roma, allo scopo di trasferire oltre 300 persone in varie strutture e mettere in atto i dettami del Decreto Sicurezza.
L’AOI – Associazione Italiana delle Organizzazioni di Cooperazione e Solidarietà Internazionale – ha aspramente criticato l’azione, che demolisce tutto il lavoro fatto per permettere ai rifugiati di potersi integrare nel tessuto sociale della zona, dove i risultati erano positivi.
Tra le iniziative messe in atto che coinvolgevano i residenti del C.A.R.A. la più importante è stata la creazione di un museo di arti e mestieri locali, che ha permesso la riqualificazione della Rocca presente nella zona.
Nell’operazione c’è stato l’impiego delle forze di polizia e le autorità locali sono state lasciate all’oscuro, messe davanti all’evidenza solo quando il tutto era già all’opera. Molti si domandano quale sarà il destino di chi nel C.A.R.A. vi lavorava.
A rischiare di perdere il lavoro nelle strutture di accoglienza non sono solo i lavoratori di Castelnuovo di Porto, ma anche coloro che, sparsi per il paese, collaborano con varie strutture simili, e corrono il pericolo di ritrovarsi senza alternative occupazionali da un momento all’altro.
Un altro problema, è quello che la criminalità possa infiltrarsi nel vuoto creato dalla chiusura dei centri, ed implementare lo sfruttamento di chi è disperato e costretto ad accettare le cose peggiori per non essere denunciato ed espulso.
Sdegno e preoccupazione giungono dall’Anpi (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia) e dall’Aned (Associazione Nazionale Ex Deportati), per i quali tale azione sarebbe stata fatta solo a fini economici e non porterebbe ad ottenere sicurezza, ma l’opposto, innestando una “bomba sociale” alquanto pericolosa.
Ciò che sta accadendo servirà davvero a garantire la sicurezza, oppure il Decreto Sicurezza finirà per portare a nuovi livelli i problemi già esistenti?