Come in una apparizione, nella chiesa di Donnaregina Nuova, oggi Museo Diocesano di Napoli, in mostra “La Madonna col Bambino in una ghirlanda di fiori”. Una tavola ad olio del 1616 – 18, di Peter Paul Rubens (1577 – 1640) e Jan Brueghel il Vecchio (1568 – 1625). Prosegue così il ciclo dei grandi artisti dopo l’esposizione del Salvator Mundi di Leonardo.
Inaugurata dal Cardinale Crescenzio Sepe e dal presidente della Regione Campania On. Vincenzo De Luca, il curatore Nicola Barbatelli espone l’opera, che si pone in uno sfolgorante e raffinato ovale di fiori. Arricchita dai dorsi di una cornice ottagonale nel cui interno scuro trovano spazio le figure della Vergine e del Bambino.
La Madonna sorregge con una mano il fanciullo sul piano di una balaustra in piedi. Una ghirlanda intrecciata di rose, tulipani, ortensie, orchidee e tante altre rarissime specie di fiori, adorna la composizione con una orchestrazione cromatica armonizzata al contesto religioso della scena.
Da uno scritto di Erik Larsen (2001), il dipinto risulterebbe venduto, nei primi del Novecento, da Charles Sedelmeyer al principe Nikolaus Esterhàzy e conservato nelle raccolte zurighesi di famiglia almeno sino al 1996. L’individuazione della mano di Peter Paul Rubens nella raffinata realizzazione delle figure della Vergine e del bambino e di quella di Jan Brueghel nella forgia della ricca ghirlanda di fiori, risulta argomento di prezioso interesse per gli studi sulla proficua collaborazione tra due dei maggiori artisti fiamminghi di quel tempo.
Seppur consuetudine tipica della tradizione fiamminga, non sarebbe potuta esistere a simili livelli senza la stretta amicizia tra i pittori. Infatti tra loro nacquero 20 opere a quattro mani, senza mai litigare ed esaltando le rispettive peculiarità.
Il primo si dedicava per lo più alle figure, il secondo curava soprattutto i particolari, non tralasciando un importante contributo in termini di idee. Lo stile emotivo e sensuale di Rubens incontra quindi le finissime e vellutate pennellate di Brueghel, che lavora come al cesello questa corona in trompe-l’oeil.
Al centro il primo autore pone la Madonna che sorregge il bimbo dalle carni rosee mentre muove i primi passi sulla balaustra. Il carattere delle figure è marcatamente scultoreo, la quale si ricollega al Rinascimento italiano come fonte d’ispirazione, in particolare ai veneziani e soprattutto a Giovanni Bellini.
La Donna Regina, la Madonna, fragile creatura generatrice di Dio, non trattiene il suo bambino come suo possesso, anzi lo sorregge con una mano e pone la mano destra accanto ai piedini, quasi accompagnandolo.
Il fanciullo accenna i primi passi sul piano di una balaustra in pietra appena lambita da drappi grigi e bianchi, mentre la madre lo sostiene. La scelta e l’accostamento dei colori nel manto della Madonna, rosso con maniche blu e pizzi bianchi è tipica della maturità di Rubens.
Un’invenzione davvero fortunata perché la coppia Brueghel-Rubens ne produsse altri sei esemplari, oggi conservati in musei come il Louvre, il Prado e di Berlino, dando il via a una moda di grande successo.
Fondamentale è la scelta simbolica del gesto materno e della Madre Celeste che offre il figlio, ma al contempo resta materna nei gesti, lo accompagna, sarà al suo fianco. I lati della cornice suggeriscono una chiara lettura del numero 8 qual connessione tra cielo e terra e o tra madre e figlio.
A rinforzarne i significati sono la scelta di alcuni precisi fiori e colori.
L’Ortensia, è un’infiorescenza sferica di vari colori, qui in bianco. Regalare i fiori di ortensia significa dichiarare il proprio amore per una persona, un amore unico e profondo. Ma essa simboleggia anche il distacco, l’abbandono e la sofferenza in ambito sentimentale.
Quindi riportarlo alla scena centrale e alla sacra immagine e l’atto materno si concepisce una chiara lettura di un amore profondo che produrrà però per destino e scelta divina una sofferenza e un distacco. In lingua cinese sono chiamate “Fiori degli otto immortali”.
Il Tulipano, il suo nome deriva dal turco «tullband», che significa copricapo, turbante, per la forma che il fiore sembra rappresentare. Questo fiore ebbe una grande popolarità in Turchia nel XVI secolo durante il regno di Solimano il Magnifico.
Fu portato per la prima volta in Europa nel 1554 dal fiammingo Ogier Ghislain de Busbecq, che ne spedì alcuni bulbi al botanico Carolus Clusius. Questi trovò un modo per sviluppare molte varietà di tulipani, nei più svariati colori e forme.
Trasmette un senso di confortevole delizia e di intimità, ma è anche il simbolo dell’amore perfetto, della fama e della vita eterna. Durante il periodo pasquale i tulipani sono inseriti in decorazioni e centrotavola annunciando la rinascita in natura ma portano anche l’augurio di una pronta guarigione. Infine, sono utilizzati anche come simbolo di estremo addio per l’eterno riposo di un defunto se inserite in una corona funebre.
La Rosa si presenta in quest’opera sia Canina che Pendulina, simboleggia il segreto e lo svelare con delicatezza. Il bocciolo ben chiuso incarna anche la castità femminile mentre la Rosa sbocciata rappresenta bellezza giovanile. Nella mitologia romana la Rosa degli amanti era il fiore sacro a Venere e da allora è rimasta fino ai giorni nostri come espressione di amore profondo e appassionato.
La Rosa viene usata per esprimere diverse emozioni: color porpora come promessa di amore eterno e solenne. Le rose bianche e rosse significano Unità mentre rosse e gialle insieme significano solidarietà. Particolare la Centifolia: dette anche “rose dai cento petali”; sono portatrici di amore e di conseguenza incarnano la grazia.
Infine resta l’Orchidea che incarna un fascino particolare ed una bellezza unica, esteticamente perfetto tanto che ha simboleggiato da secoli la raffinatezza, l’eleganza, l’armonia, la bellezza ma anche e soprattutto la passione, la sensualità e l’amore. Nel linguaggio dei fiori l’orchidea significa un ringraziamento per la concessione d’amore.
Nelle credenze cristiane, le macchie presenti sui fiori di orchidea rappresentano il sangue di Cristo, pertanto nelle occasioni della Pasqua e del Natale, spesso gli altari delle Chiese sono ornati con questi fiori.
Non si può, quindi scindere dal fatto che questa opera si pone ai nostri occhi con la sua eleganza e il suo fascino ambiguo, che nasconde nelle pennellate la grande maestria dei due autori. Nel contempo però non possiamo negare che attraverso i significati dei simbolismi nascosti tra i colori e i fiori utilizzati e nei gesti biblici, l’opera si pone come messaggio evangelico ed apparizione in un luogo magico come il Museo Diocesano.