Sulla rivista Science, in questi giorni, è stato pubblicato un nuovo studio, condotto da un gruppo guidato da Alessandro Sette de La Jolla Institute for Immunology, che ha evidenziato come le persone esposte ai vecchi coronavirus che provocano il raffreddore risultino in qualche modo protetti anche dal SARS-CoV-2.

Dai dati raccolti, una precedente esposizione a questi microrganismi, in teoria, potrebbe aiutare la risposta immunitaria nei confronti del nuovo coronavirus, anche se ciò non significa in realtà che si possa essere completamente immuni al 100%, ma che si possa sviluppare un’infezione con sintomi molto più lievi.

Nel dettaglio, sono quattro quelli con le denominazioni 229E, NL63, OC43 e HKU1, in grado di provocare malattie del tratto respiratorio superiore da lievi a moderate, e dotate di una corona che i microrganismi utilizzano per attaccarsi ai recettori cellulari specifici al fine di infettarli tornando utili anche nei confronti del coronavirus.

Si è potuto così osservare come le cellule T trovate nel sangue delle persone usate come campione erano in grado di riconoscere, e reagire, non solo nei confronti dei passati virus del raffreddore, ma anche con il nuovo coronavirus in una sorta di “immunità crociata“ che sembra spiegare come mai alcune persone si sono potute ammalare di Covid-19 in una forma lieve o asintomatica.

Ma, al momento, non ci sono prove del tutto concrete e sono necessari ulteriori studi per poter confermare che davvero il raffreddore comune possa avere un effetto protettivo di tipo concreto.

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