Il 17 luglio 1918, dopo tre secoli di dominazione, la dinastia regnante dei Romanov ebbe fine. Lo zar russo Nicola II, sua moglie, la zarina Alexandra, e i loro cinque figli, le duchesse Olga, Maria, Tatiana, Anastasia e il giovane zarevic Alexei furono giustiziati da un plotone d’esecuzione in un seminterrato a Ekaterinburg, e i loro corpi sepolti nella vicina foresta. Non ci volle molto però, che iniziassero a diffondersi voci secondo cui alcuni dei Romanov fossero sopravvissuti e, in particolare, che Anastasia, la più giovane delle figlie dello zar, fosse riuscita a scappare.
Due anni dopo, nel 1920, a Berlino, una donna, in piedi sul bordo di un ponte, si gettò nel fiume, ma il suo tentativo di suicidio fallì, grazie agli agenti di polizia, che la portarono al Dalldorf Asylum. La giovane era sprovvista dei documenti e nella struttura ospitante rimase nei due anni successivi, venendo chiamata Anna Anderson, fino a quando, un suo compagno di cella le disse che assomigliava alla granduchessa Anastasia. Ex amici e servitori della famiglia iniziarono a farle visita per tentare di confermare la sua identità. La sorella di Nicola, la granduchessa Olga, si recò all’ospedale e, basandosi sulla forma della sua bocca e altre caratteristiche del viso, si mostrò restia a crederle, anche perché sembrava non conoscere il russo, che però parlava nel sonno. Il capitano Nicholas von Schwabe invece, ex guardia personale della madre dello zar le portò le foto della famiglia e le diede un elenco dei nomi delle figlie dei Romanov, e lei indicò il nome Anastasia!
Quando Anna lasciò l’ospedale, fu circondata da un branco di sostenitori, alcuni dei quali simpatizzanti monarchici, che la ospitarono e che convalidarono la sua identità come una dei Romanov, anche se molti si rifiutarono di accettarla, oltre a ritrovarsi sotto costante sorveglianza sia dal controspionaggio sovietico che dagli investigatori privati. Quando le venivano poste troppe domande sulla verifica della sua identità, Anna sceglieva di dare risposte criptiche o piangeva istericamente per sottrarsi a un resoconto preciso del suo passato. Ad indagare ulteriormente sull’identità della Anderson fu stato l’ispettore Franz Grünberg, contattando la zia di Anastasia, la principessa Irene di Prussia, e programmando una cena finita con un buco nell’acqua, poiché la principessa non la riconobbe.
Nel 1927 incontrò il figlio del dottor Yevgeny Botkin, assassinato con i Romanov a Ekaterinburg, Gleb Botkin, che divenne il suo più grande sostenitore e le fornì un avvocato, poiché i veri parenti di Anastasia, appartenenti alla famiglia reale morta, combatterono la sua pretesa legale sulla fortuna dei Romanov in tribunale, che nessuno ha mai confermato esistesse dopo la Prima Guerra Mondiale. L’avvocato Edward Fallows, assunto per dimostrare che Anderson era la Granduchessa Anastasia, diede inizio al caso legale più lungo della storia tedesca. Il punto di svolta sull’identità reale arrivò con prove non favorevoli ad Anna: un giornale di Berlino aveva pubblicato un rapporto investigativo secondo cui il suo vero nome era Franziska Schanzkowska, un’operaia polacca rimasta ferita nell’esplosione di una fabbrica e, in seguito, dichiarata scomparsa. La cronologia di questo evento coincideva con il suo arrivo a Berlino e, inoltre, il fratello di Schanzkowska, Felix, affermava che era sua sorella; ma lei ha sempre rifiutato tutte queste affermazioni, continuando ad affermare di essere veramente Anastasia Romanov. In seguito si trasferì negli Stati Uniti, dove si sposò e visse lì il resto della sua vita fino al 1984, quando morì di polmonite.
Sette anni dopo, tuttavia, in una foresta vicino a Ekaterinburg, furono ritrovati cinque corpi, che si scoprì essere dei Romanov, ma mancavano proprio i corpi dei giovani Alexei e Anastasia, salme che in seguito pare siano state ritrovate in altri due gruppi di resti nella foresta, con i ricercatori che ritengono che si tratti dei due bambini più piccoli. Grazie alle nuove tecnologie, il caso è stato decretato da un test del DNA utilizzando un piccolo campione dell’intestino della Anderson, che era stato rimosso durante un precedente intervento chirurgico e tenuto in un ospedale della Virginia per anni. Alla fine, gli scienziati hanno concluso che il sangue non aveva alcuna corrispondenza con quello dei Romanov e, secondo quanto riferito, il DNA proveniva dal principe Filippo, defunto marito della regina Elisabetta, donato per permettere tale test, perché sua madre era strettamente imparentata con la zarina Alexandra; il DNA ha quindi svelato il mistero.
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