Mitch Winehouse, padre della defunta cantante Amy Winehouse, ha annunciato che l’anno prossimo avrà inizio un tour celebrativo nel quale, grazie ad un avanzato ologramma, sua figlia tornerà a cantare i suoi vecchi successi supportata da una band di musicisti vivi.
L’obbiettivo dichiarato di tale iniziativa, a quanto pare, è di usare quanto si ricaverà per i progetti dell’associazione “Amy Winehouse Foundation”, che aiuta ragazzi finiti in difficoltà e con gravi problemi legati alla droga, e che venne creata dopo la drammatica dipartita della cantante.
Ogni concerto dovrebbe avere una durata variabile, che va dai 75 minuti alle 2 ore, con la supervisione dei familiari, mentre la parte grafica vedrà all’opera la società Base, che si occupa di realizzare ologrammi musicali con la combinazione di video e di attori professionisti.
In passato, grazie all’utilizzo di super computer, in grado di generare immagini e proiezioni di altissima qualità, si è potuto riportare “alla vita” cantanti come Maria Callas, Michael Jackson, Tupac Shakur o Roy Orbison, dando prova di enormi capacità tecniche.
Come molti cantanti prima di lei, Amy Winehouse ha bruciato rapidamente le tappe del successo, senza riuscire a trovare, nel frattempo, un qualcosa a cui aggrapparsi per non farsi travolgere da tutto ciò a cui porta la fama e la gloria improvvise.
La sua morte, a soli 27 anni per via dell’alcol – passando per la droga e i presunti problemi di anoressia – dimostrano fin troppo bene la sua fragilità interiore, e il suo cercare un conforto in una vita al massimo fatta di eccessi ne è una prova lampante.
A volte, quella che inizia come una semplice alterazione del comportamento può diventare una ricerca senza controllo del piacere tramite mezzi, sostanze o comportamenti che possono diventare patologici in chi si ritrova privo di autostima.
Forse aiutata in tempo, oggi sarebbe ancora viva, o avrebbe proseguito sulla via dell’autodistruzione?
È difficile poter avanzare una risposta.