Il WWF, in queste ultime ore, ha reso pubblici i dati del Living Planet Index globale (LPI) 2020, dai quali emerge che, tra il 1970 e il 2016, sono andati persi oltre i due terzi delle specie di mammiferi, uccelli, anfibi, rettili e pesci.
A provocare una tale situazione, le importanti trasformazioni derivate dall’esplosione del commercio globale, dei consumi e della crescita della popolazione umana, che ha causato un forte incremento dell’urbanizzazione e una definita perdita di habitat per gli animali, che si sono ritrovate private della loro casa e allo stremo.
Ma, a rendere ancora più grave il tutto, il massiccio sovrasfruttamento delle risorse naturali, ormai giunto ad un ritmo senza precedenti, con le attività umane che hanno finito per distruggere e degradare foreste, praterie, zone umide, ponendo a repentaglio la sopravvivenza di molte specie.
Attualmente, almeno il 75% delle aree naturali terrestre ha subito l’impatto dell’uomo, mentre le zone umide sono diminuite dell’85%, con le aree tropicali del pianeta che hanno assistito alla maggiore perdita delle popolazioni di mammiferi, uccelli, rettili, anfibi e pesci, con dati che si aggirano del 45% in Asia meridionale e Oceania, del 65% in Africa, e del 94% in Centro e Sud America.
Inoltre, negli ultimi vent’anni, per molte specie si è assistito a una pericolosa riduzione degli habitat disponibili per via del cambiamento climatico e le modifiche nell’uso del suolo in operazioni come l’estrazione del petrolio e del gas nell’Artico.
Ormai, gli orsi polari, insieme alle tigri e agli elefanti africani, sono davvero a un passo dall’estinzione non solo per via degli habitat in riduzione, ma anche per il bracconaggio a cui sono sottoposti, e che rischia di eliminarli per sempre.