Akakor è un mitico regno che si troverebbe nelle profondità della foresta amazzonica tra Perù e Brasile presso le sorgenti del fiume Purus, uno degli affluenti del Rio delle Amazzoni. Se ne è parlato diffusamente diversi anni fa e molti esploratori lo hanno cercato invano, qualcuno c’è arrivato vicino e giura di avere visto delle meraviglie ma non può dimostrarlo, alcune spedizioni alla ricerca del regno perduto sono scomparse nel nulla, come quella francese nel 1979 che sparì nella zona di Madre de Dios nell’Amazzonia peruviana dopo avere lanciato uno strano messaggio radio dicendo di essere stati attaccati da una tribù di indigeni bianchi alti oltre i due metri.

La storia inizia il 3 marzo 1972 in un bar di Manaus, in Brasile, dove il giornalista tedesco Karl Brugger, corrispondente della ARD, grazie alla sua lunga permanenza nelle foreste amazzoniche e la profonda conoscenza delle tradizioni indios, incontra un misterioso indio, Tatunca Nara, ultimo capo della sconosciuta tribù degli alleati eletti, gli Ugha Mongulala, il quale gli racconta l’incredibile e fantastica storia del suo popolo. Brugger (1941-1984) riporta e riassume il racconto fattogli da Tatunca Nara in un libro “La cronaca di Akakor” (Die Chronik von Akakor, 1976). Il libro racconta la storia dei popoli che abitavano tale città e risale a oltre dodicimila anni fa.

Questa ad oggi è la data più remota di una testimonianza trasmessaci di una civiltà altamente evoluta. Si parla di una antica civiltà molto evoluta, fondata su un sapere divino, superiore a quella dei Maya e degli Incas. La foresta amazzonica è la silenziosa testimone e custode dei loro antichi segreti. Il racconto che segue è conservato nei libri sacri, noti come Il Libro del GiaguaroIl Libro dell’AquilaIl Libro della Formica e Il Libro del Serpente d’Acqua, segna per sempre la vita del giornalista.

Nel 13.000 a.C. brillanti navi dorate scesero dal cielo nelle giungle lussureggianti del Sudamerica, guidate da maestosi stranieri con la carnagione bianca, il volto contornato dalla barba, folta chioma nera con riflessi blu, sei dita alle mani e ai piedi. Il ricordo della loro discesa permane imperituro nella memoria dei nativi. Dissero di provenire da Schwerta, una costellazione lontanissima con innumerevoli pianeti che incrocia la Terra ogni seimila anni. Sconosciuta la tecnologia in loro possesso: pietre magiche per guardare ovunque nel mondo, arnesi che scagliano fulmini e incidono le rocce, la capacità di aprire il corpo dei malati senza toccarlo.

Gli alieni donarono agli indios il lume della civiltà e gettarono le basi di un vastissimo impero che comprendeva Akakor, la fortezza imprendibile di pietra, nella vallata sui monti al confine tra Perù e BrasileAkanis in MessicoAkahim in Venezuela, le grandiose città di Humbaya e Patite in BoliviaEmin sul Grande Fiume e Cadira, e maestosi luoghi sacri: Salazare, Tiahuanaco e Manoa sull’altopiano a sud. Sotto di essa, una rete vastissima di tredici città sotterranee, nascoste alla vista degli intrusi, con arterie invisibili che percorrono le millenarie foreste brasiliane. La loro pianta riproduce fedelmente Schwerta, la dimora cosmica degli Antichi Padri. Una luce innaturale le illuminava all’interno, mentre un ingegnoso complesso di canalizzazioni portava aria e acqua sin nelle sue profondità. Un impero che riuniva trecento sessantadue milioni di individui che durò tremila anni.

Nel 10.481 a.C. gli Antichi Padri (così chiamati dagli indios) partirono volando verso il loro pianeta di origine promettendo però di tornare un giorno. Tredici anni dopo la loro partenza un’immane catastrofe si abbatté sulla Terra e ne sconvolse il suo aspetto, seminando ovunque morte e desolazione. Seguì un seconda catastrofe. Una stella gigantesca dalla coda rossa (Nibiru?) impattò, provocando un immane diluvio. Secondo le parole dei Sacerdoti: “Quando la disperazione avrebbe raggiunto il culmine, i Primi Maestri sarebbero tornati”. E nel 3.166 a.C. ricomparvero le navi d’oro. Lhasa, il “Sublime”, regnò ad Akakor e suo fratello Samon volò sul Nilo per fondare un secondo impero, tornando spesso a visitare il fratello a bordo delle sue maestose navi volanti.

Vari reperti archeologici  confermano la presenza egiziana in Sudamerica, come la “Roccia delle Scritture” che l’antropologo George Hunt Williamson rinvenne sulle Ande nel 1957, istoriata da geroglifici simili a quelli egizi, venerata dai nativi locali e collegata alla discesa di antenati spaziali che dimoravano nel Gran Paititi. Il principe governò per trecento anni ed eresse nuove città come Manu / Samoa / Kin in Bolivia e Machu Picchu in Perù. Un giorno si diresse sulla Montagna della Luna, sopra le Ande e sparì nel cielo in una nuvola di fuoco. Partenza che ricorda moltissimo quella di Quetzalcoatl, divinità messicana.

I sacerdoti raccolsero tutto il sapere e la storia della tribù Eletta in libri poi custoditi in una sala scolpita nella roccia all’interno delle città sotterranee. Nello stesso luogo enigmatici disegni dei Padri Divini sono incisi in verde ed azzurro su di un materiale sconosciuto. Disegni che né l’acqua né il fuoco riescono a distruggere. Tatunca Nara vide con i propri occhi una sala rischiarata da una luminosità azzurrina dove c’erano in animazione sospesa quattro persone, tra cui una donna, con sei dita alle mani e ai piedi, dentro contenitori di cristallo pieni di liquido. Le tradizioni Ugha Mongulala parlano di antichi contatti con popoli bianchi, come i Goti, a confermare le cronache medievali che raccontavano di navi vichinghe approdate in Sudamerica.

Nella Sierra di Yvytyruzu, in Paraguay, l’archeologo Jacques de Mahieu ha scoperto un masso ricoperto di caratteri runici, disegni dei drakkar, le navi vichinghe, e di un uomo barbuto con armatura. Oggi, le popolazioni di quei territori sono di pelle bianca. La perduta civiltà di Akakor forse rimarrà ancora un mistero, che questa sia una storia fantastica o realtà non è dato sapere con certezza, ma gli indizi, alcuni reperti  ed antichi racconti testimonierebbero l’effettiva esistenza di questo stupendo regno.

 

Fonte articolo & foto: https://telodiciamonoisevuoi.altervista.org/2016/01/28/akakor-la-civilta-perduta-dellamazzonia, Fabio Giovanni Rocco, 28 gennaio 2016
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