In una delle piazze simbolo della città, sita all’inizio di corso Umberto I detto Rettifilo, e che nasconde ingressi in vicoli e scale nel Centro Antico di Napoli, Piazza Giovanni Bovio, meglio conosciuta anche come piazza Borsa nasconde un segreto straordinario.
Essa ebbe origine alla fine dell’Ottocento durante il cosiddetto periodo del Risanamento, quando dopo l’epidemia di colera del 1884, dovuta alla contaminazione delle condotte degli antichi acquedotti con le acque nere raccolte nei tantissimi pozzi e cavità naturali, si avviò un poderoso programma di ricostruzione delle zone del centro storico più malsane e anguste, ‘violentando’ e distruggendo brani della città.
Fino a quel momento esisteva un’altra piazza detta piazza di Porto o piazza del mercato di Porto che era (come in parte oggi) spiano in difesa di Pallonetto a Santa Chiara. Questo spiazzo era dell’intera zona l’unico spazio ampio tantoché era sede di un florido mercato. Nei secoli si arricchì di opere come la rinascimentale fontana degli Incanti, oggi spostata a Posillipo.
Nel giorno 15 giugno del 1889 fu allestita la cerimonia dell’inizio dei lavori del cosiddetto Risanamento. Al centro fu costruita una struttura coperta circolare che fungesse da palco, dove si poté assistere alla cerimonia, con l’allora sindaco Nicola Amore, il re Umberto I e sua moglie Margherita di Savoia ed infine, il cardinale Guglielmo Sanfelice. Tale evento oggi è descritto nell’epigrafe-lapide posta a sud di piazza Bovio.
Il nome dell’odierna piazza è dovuto alla presenza del palazzo in cui visse Giovanni Bovio, filosofo e politico del Regno d’Italia nonché padre di Libero Bovio. Un’epigrafe di Mario Rapisardi così ricorda il filosofo: «In questa casa morì povero e incontaminato Giovanni Bovio che meditando con animo libero l’Infinito e consacrando le ragioni dei popoli in pagine adamantine ravvivò d’alta luce il pensiero italico e precorse veggente la nuova età.»
Nel 1898 fu posizionata la fontana del Nettuno oggi spostata davanti a palazzo San Giacomo, sostituita nel dicembre 2010 dalla statua di 80 tonnellate di Vittorio Emanuele II, assieme a quella di Partenope dinanzi al re e all’aquila in procinto di spiccare il volo alle spalle, le quali sin dal 1897 (anno dell’inaugurazione del monumento) facevano bella mostra in piazza Municipio. Le scene del basamento del monumento sono di Tommaso Solari, la statua equestre è del campano Alfonso Balzico su disegno di Emilio Franceschi, mentre la statua di Partenope è di Salvatore Cepparulo. Questo cambio della configurazione urbanistica della città avvenne con la costruzione della nuova metro stazione Università della linea 1, lavori che sono durati dieci anni per via del ritrovamento di importantissimi reperti archeologici.
Sono stati ritrovati i resti della fortificazione bizantina con una torre quadrangolare costruita mediante l’utilizzo di materiali di spoglio provenienti da un arco onorario risalente alla dinastia dei Severi, la quale durò dal 146 al 245 d.C., quest’arco doveva trovarsi sul litorale antistante del porto antico e poco lontano dalla piazza. Tra il VI e il VII secolo fu spogliato dei bassorilievi che lo decoravano per ottenere materiale da adoperare nella costruzione di nuove opere difensive, insieme altri reperti ritrovati sono costituiti da un blocco con rilievi raffiguranti un trofeo di guerra da un lato e la prua di una nave dall’altro, nonché due lastre marmoree di epoca imperiale (probabilmente del II secolo) con sopra figurati legionari e togati. Oggi esposti nel Museo Stazione Neapolis, all’interno della fermata della metropolitana “Museo”.
Ma questa piazza, come soprascritto, è chiamata ‘della Borsa’ per la presenza dell’edificio famoso omonimo. Eretto per ospitare gli uffici della Borsa di Napoli e della Camera di Commercio, il palazzo venne costruito nel 1895 e inaugurato nel 1899. Il progetto ebbe la firma di Alfonso Guerra, e fu realizzato con fondi donati nel 1861 dal generale Enrico Cialdini (luogotenente di Vittorio Emanuele II nella Napoli appena annessa). Durante il Fascismo gli furono aggiunti i due obelischi ai lati dell’edifizio, da ricordare anche la lapide alla destra dell’ingresso che ricorda l’uccisione di quattro marinai e finanzieri ad opera dei soldati tedeschi il 12 settembre del 1943.
Di gusto neorinascimentale a tre piani, è adornato da due colonne ioniche con una scalinata d’accesso, e ai lati due gruppi scultorei in bronzo, opera di Luigi De Luca che rappresentano ‘Il genio che domina la forza’. Al pian terreno interno le soluzioni in ferro e vetro conferiscono l’illuminazione agli ambienti interni, intervallati da cariatidi con al centro un grande fregio contenuto nella lunetta raffigurante Hermes e Dioniso. All’ingresso laterale si accede chiesa di Sant’Aspreno, piccolo tempio paleocristiano inglobato all’epoca della costruzione del nuovo stabile.
In questo luogo di arte urbanistica ed architettonica una leggenda di dolore e paura si tramuta in uno spettro che appare di notte.
Si tratta di una donna, col volto coperto dai suoi stessi capelli, che in preda al panico corre per le strade che confluiscono nella piazza. Veloce e spaventata, come per scappare da qualcuno e da un pericolo che la spaventa, secondo i racconti, il fantasma è di una donna del Cinquecento (secondo altri del ‘600), che fu violentata tragicamente dai mercenari saraceni, motivo per cui la sua anima continua a scappare eternamente nelle strade, tormentata dalla paura di quanto avvenne secoli fa. Nessuno è mai riuscito ad avvicinare il fantasma ma chi racconta di averlo visto conferma lo stato di terrore che si avverte nel veder scappare questa donna.
Questo “fantasma che’ fuje” (che fugge) come è chiamata da chi abita in zona, particolarità sono i capelli che le coprono il viso, mentre la sua corsa sfrenata continua ogni sera dopo la mezzanotte.
Non si hanno notizie sulla storia, non sappiamo chi è… ma il suo tormento e la corsa perpetua, la paura che si avverte, in quelle serate chi la ha incontrata resta con il cuore gonfio di dolore, disperazione e paura.