In cosa consiste questo fenomeno? Lo spread, o differenziale, è di origini inglesi. Sotto l’aspetto finanziario e politico, viene usato nel nostro Paese per individuare la differenza di rendimento tra due titoli, che siano azioni, titoli di Stato od obbligazioni. Per i titoli di Stato nostrani si ha un termine di paragone, cioè i titoli di Stato che sono stati emessi dalla Germania: è stato scelto questo termine di paragone perché la Germania ha una ragguardevole solidità economica.
In effetti è una differenza tra il prezzo che il venditore chiede per un titolo e ciò che ogni compratore vuole pagare per quel titolo.
Specialmente negli ultimi anni lo spread è stato usato come una specie di campanello di allarme della liquidità del mercato.
Questa differenza in genere è tra il tasso di rendimento di una obbligazione e quello di un altro titolo, preso come base di riferimento.
Facciamo un esempio pratico: se un BTP italiano con una scadenza determinata ha un rendimento effettivo del 6% e il corrispondente titolo tedesco con identica scadenza ha un rendimento minore del 3%, in questo caso lo spread è 6-3=3 punti percentuali, che vogliono dire 300 punti base. Ciò che influenza lo spread è l’andamento delle borse, la fiducia degli investitori, la situazione debitoria di un Paese appartenente alla Comunità Europea. È una battaglia continua! Più è alto questo differenziale e meno credito viene riconosciuto al nostro Paese, per non parlare del rispetto dei vincoli indicati dalla stessa Comunità Europea. Naturalmente questo fenomeno può essere anche fortemente influenzato da una forte speculazione economica. Ecco perché la fiducia degli investitori è maggiore nel caso in cui il Paese dimostri concretamente di avere i “numeri” per tenere testa ad eventuali crisi economiche, o meglio, quando in occasione della presentazione della nostra Legge Finanziaria, vengono inserite concrete misure che agevolino gli investimenti o che incrementino il lavoro, a parte un contenimento della spesa pubblica.
Spesso lo spread determina anche le scelte di politica economica, incidendo sull’andamento generale economico di un Paese.