Molti monaci ed eremiti fanno di tutto per negarsi i piaceri con l’intento di espiare i loro peccati e perseguire obiettivi spirituali, convinti che la privazione sia la strada giusta da percorrere. Alcuni vivono vite frugali, alcuni rinunciano a carne e alcol, altri vivono in isolamento. Alcuni arrivano addirittura a casi estremi di autotortura (mai cruenta quanto i 7 modi modi usati nella storia per torturare i santi), come il digiuno e l’autoflagellazione.
Alla lista degli stili di vita adottati dai monaci si aggiungono gli “abitanti delle colonne” che divennero molto comuni durante i primi giorni del monachesimo cristiano. Questo tipo di asceti, conosciuti come stiliti, o eremiti dei pilastri, vivevano in cima ai pilastri, e colui che inventò questo modo di vivere fu Simeone Stilita il Vecchio. Simeone nacque intorno al 390 d.C. da una famiglia di pastori nel nord-ovest della Siria, in un’epoca in cui l’impero romano era ufficialmente cristiano da meno di un secolo. Simeone sviluppò una passione per il cristianesimo dopo aver ascoltato un sermone sulle beatitudini da adolescente. Prima dei sedici anni aveva abbandonato la cura del gregge del padre ed era entrato in monastero.
Fin dall’inizio si abbandonò alla pratica di un’austerità così estrema e all’apparenza così stravagante, che causò molto risentimento tra i suoi compagni monaci, che non furono in grado di eguagliare il suo zelo. Questo col tempo divenne un problema. Una volta trascorse tutta la Quaresima senza mangiare. Quando alcuni dei monaci andarono a controllarlo nella sua capanna, lo scoprirono privo di sensi. Quando fu riportato al monastero, i soccorritori rimasero scioccati nello scoprire che il suo intero tronco era racchiuso in una cintura di fronde di palma, un dispositivo fatto in casa per mortificare la sua carne.
Le autorità monastiche decisero di chiedere a Simeone di andarsene, sostenendo che i suoi eccessivi sforzi ascetici erano incompatibili con il proprio stile di disciplina spirituale. In pratica faceva fare brutta figura ai monaci e alla religione stessa in un certo senso. Dopo la sua espulsione dal monastero, Simeone divenne un eremita solitario errante, cercando sempre di reprimere i suoi desideri fisici e di liberare il suo spirito attraverso pratiche ascetiche molto pesanti da sopportare. Man mano che la fama di Simeone cresceva, attirò un vasto seguito di discepoli e ammiratori che cercarono di seguire il suo percorso spirituale chiedendo il suo consiglio, l’intercessione presso Dio o l’assistenza miracolosa.
Il monaco però, voleva sfuggire alla compagnia umana, non attirarla. Dopo diversi tentativi di fuga falliti, Simeone trovò un pilastro che era sopravvissuto tra le rovine nella vicina Telanissa (odierna Siria), con una piattaforma in cima. Simeone salì sulla colonna trovando una solitudine così rinfrescante che si rifiutò di scendere. Simeone, in cima alla colonna, intraprese una vita di preghiera e digiuno. Il primo pilastro occupato da Simeone era alto poco più di 3 metri. In seguito spostò la sua piattaforma su una successione di pilastri di altezza crescente; l’ultimo della serie secondo quanto riferito era a più di 15 metri da terra.
Edward Gibbon nella sua Storia del declino e della caduta dell’impero romano descrive la vita di Simeone così: In quest’ultima ed elevata stazione, l’Anacoreto Siriano resistette al caldo di trenta estati, e al freddo di altrettanti inverni. L’abitudine e l’esercizio gli insegnavano a mantenere la sua situazione pericolosa senza paura o vertigini, e successivamente ad assumere le diverse posizioni di devozione. A volte pregava in atteggiamento eretto, con le braccia tese in figura di croce, ma la sua pratica più familiare era quella di piegare il suo magro scheletro dalla fronte ai piedi; ed un curioso spettatore, dopo aver contato 1244 ripetizioni, alla fine desistette dall’infinito racconto. Il progresso d’un’ulcera nella sua coscia poteva accorciare, ma non poteva turbare questa vita celeste; e il paziente Eremita spirò, senza discendere dalla sua colonna.
Simeone visse in cima al pilastro per 37 anni. Dopo la sua morte all’età di 68 anni, il suo corpo fu deposto e portato ad Antiochia, nell’odierna Turchia, in un grande corteo funebre. Pochi decenni dopo la morte di San Simeone, nel luogo in cui sorgeva il suo pilastro fu costruita una grande chiesa monastica di oltre 5.000 mq. La chiesa era composta da quattro basiliche che si sprigionavano dai lati di un ottagono centrale. L’incrocio ottagonale era sormontato da una cupola; al centro c’era la colonna di Simeone. Nel corso dei secoli, i pellegrini hanno scheggiato la colonna portandone via i pezzi come reliquie, lasciando quella che attualmente una colonna alta poco più di un metro.