Il rapporto tra padre e figli.
Un argomento complesso e di non facile comprensione, basato su elementi come l’educazione e la capacità di creare un dialogo tra generazioni spesso distanti tra loro come linguaggio e metodi: a volte nessuna delle due parti è in grado di riuscire a trovare uno o più punti di contatto finendo per rompere un equilibrio spesso più fragile di un cristallo. Giuseppe Tornatore, regista e sceneggiatore noto per molti film poetici che hanno riscosso un grande successo di pubblico e critica all’estero e nel nostro paese, oltre per il suo grande impegno civile, si è sforzato di analizzare le difficili dinamiche familiari di una possibile famiglia italiana riuscendo a creare un capolavoro di introspezione e lirismo anche grazie al superbo contributo di un mostro sacro del nostro cinema come Marcello Mastroianni.
Matteo Scuro, pensionato siciliano e vedovo da molti anni, decide di andare a trovare i figli sparsi per l’Italia ma il suo non sarà un viaggio piacevole: i primi quattro gli nasconderanno i problemi lavorativi e affettivi che hanno patito nel corso degli anni, per non deludere le sue aspettative nei loro confronti, mentre lui si dimostrerà incapace di dir loro che è fiero di ciò che hanno conquistato con le loro stesse mani.
Sarà con la scoperta della dipartita del quinto, morto per un presunto suicidio, che la maschera di falsità crollerà in maniera irreversibile lasciando l’anziano padre a domandarsi se ogni cosa successa non sia dovuta ai desideri che aveva per la sua progenie: rivelatorio è il momento quando, in sogno, rivede i figli da bambini che gli parlano di come abbiano cercato di seguire i suoi insegnamenti fallendo miseramente. Ritornato a casa, sulla tomba della moglie defunta, sarà incapace di ammettere i suoi sbagli concludendo il tutto con la frase «stanno tutti bene» per nascondere una verità troppo dolorosa per lui.
Stanno Tutti Bene – una potente e disarmante parabola sull’incomunicabilità generazionale