In Via Tasso, una strada elegante che unisce la parte inferiore della città alla collina del Vomero, è sito un un palazzo beige, al numero civico 124, nel quale si consumò la vita di Vincenzo Gemito, nato a Napoli il 16 luglio 1852, della cui famiglia originaria non si conoscono notizie certe, se non a proposito della penosa condizione che spinse i genitori ad abbandonarlo nella ruota degli esposti, dove erano accolti i nascituri rifiutati.
Consumare non è un verbo che viene utilizzato a caso, poiché per molti anni il brillante scultore fu divorato da uno stato di follia e, per la maggior parte della sua esistenza le pareti della sua abitazione divennero lo scenario della sua vita, dato che non usciva, dormiva, lavorava e consumava i suoi pasti in un’unica stanza, e le uniche persone con cui divideva la sua solitudine artistica erano la moglie, la figlia e il suo padre adottivo “mastro Cicco”.
Si racconta che Umberto I gli offrì una commissione assai nobile: sulla facciata principale di palazzo Reale, infatti, erano state ricavate otto nicchie, dove il monarca decise di installare delle statue raffiguranti i più grandi reali delle varie dinastie salite sul trono di Napoli: all’artista fu affidata l’esecuzione di una statua che ritraeva il re Carlo V d’ Asburgo. Pur essendo un brillante artista, Gemito era abituato a creazioni alquanto diverse, in quanto amava raffigurare pescatori o adolescenti, ed uomini del popolo: tale incarico provocò in lui un tale stress nella sua mente da far peggiorare enormemente il suo stato psichico. Ancora oggi viene ricordato come un uomo asciutto, dal viso ascetico e dalla lunga barba, che nella sua follia oltre ad immaginare colloqui con Dio e il diavolo, sosteneva di far fronte a delle sfide di disegno con Michelangelo, le cui testimonianze sono alcune bozze di disegni michelangioleschi.
Fonte articolo & foto: https://www.senzalinea.it/giornale/strade-di-napolivia-tasso-124-e-la-follia-di-un-artista, commons.wikimedia.org, 30 maggio 2017