La rivolta di Masaniello.

Si è scritto in abbondanza della sua conclusione, avvenuta il 16 Luglio 1647 nella Basilica del Carmine a Napoli, ma si parla poco di come Tommaso Aniello, un Pescatore e Pescivendolo di Vico Rotto al Mercato, a partire dal 6 Giugno 1647 abbia portato con sè  il popolo alla rivolta contro le pesantissime gabelle imposte dal Vicereame Spagnolo e contro i deliberati soprusi della potentissima nobiltà terriera. Il tutto nasceva in un contesto internazionale di particolare fragilità per la Corona Spagnola, il che spiega in parte la reazione condiscendente e disponibile  della Spagna e del Vicerè dopo le prime efficaci azioni della rivolta, “reazione” che culminò il 10 Luglio con la lettura in pubblico del Privilegio di Ferdinandio il Cattolico, ratificato da Carlo V nel 1517 che sanciva per il popolo una rappresentanza uguale a quella dei nobili, oltre alla riduzione ed equa ripartizione delle tasse tra le classi sociali.

Dalla sequenza dei fatti però emerge anche come colui che era riuscito a far sedere un rappresentante del Popolo su uno dei “Sedili” (organi di rappresentanza dei poteri della città) di Napoli, probabile vittima di una malattia degenerativa (o più miticamente “inebriato e deviato dal potere”),  fosse poi riuscito in breve tempo, e nonostante i vantaggi reali ottenuti per il Popolo, a farsi odiare – da quello stesso popolo – con ordini palesemente insensati, richieste di esecuzioni sommarie di popolani e oppositori nonché discorsi sconclusionati dal pulpito di casa sua (fattogli costruire dal Vicerè in persona). È quindi normale che ben presto si giungesse alla conclusione drammatica di questa rivolta attraverso due strade ben riconoscibili nel corso degli eventi: sia per mano diretta della Spagna che aveva pagato i capitani delle “ottine” che lo finirono ad archibugiate nelle celle del Convento del Carmine nel Luglio 1647,  sia per mano indiretta della stessa Spagna che attraverso i sui rappresentanti e la Nobiltà napoletana, riuscì a denigrare e smontare abilmente la figura di Masaniello agli occhi dello stesso Popolo da cui egli proveniva.

Quello che emerge chiaro da questa e da altre rivolte (precedenti e successive) è il contesto della loro stessa nascita: il controllo del territorio è dei sui legittimi proprietari, i nobili latifondisti: l’unico rapporto diretto che il territorio ha con la madrepatria sono le tasse, decime e gabelle che si raccolgono e si corrispondono alla Spagna ad opera e responsabilità delle suddette famiglie. La libertà dei Nobili, delle loro milizie al soldo e della Chiesa è totale e non mediata e quindi crea eccessi e vessazioni dovuti quasi sempre all’abitudine scellerata di  dissipare le tasse accumulate sui territori stessi. La vittima più illustre di tali eccessi è il Popolo che quel territorio lo abita e che a quel territorio è atavicamente legato per le proprie radici e per la propria sussistenza.

 

Fonte articolo & foto: https://www.senzalinea.it/giornale/masaniello-1647-fine-del-re-del-popolo-odiato-dal-popolo, flickr.com, 05 luglio 2018

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