Villa Primic è una dimora storica con un grande parco e una meravigliosa vista su Capri, nata come residenza di Valerio Primic, scrittore di successo, che vi viveva con la sua famiglia: la moglie Rose, i figli Massimiliano e Adele e la domestica Bettina.

La storia si svolge all’inizio degli anni sessanta del Novecento quando ormai la villa, un tempo lussuosa e di prestigio, è in piena decadenza. La sceneggiatura e la regia, supportate da una sapiente scenografia e da un sagace lavoro della fotografia, ci guidano tra le stanze dove vivono i protagonisti, corpi estranei l’uno verso l’altro. Sono vittime consapevoli di equivoci, di incomprensioni, di pensieri non espressi, di frasi pronunciate a mezza voce, di desideri repressi. Tutti sentimenti che il tempo ha incancrenito condensandosi in silenzi e incomunicabilità.

Solo la domestica Bettina e Valerio riescono ad avere un dialogo, a tratti pieno di umanità e di tenerezza, dove cultura storica e letteraria dello scrittore trova perfetta sintesi con la saggezza popolare dall’altra.

Ma i fasti e i successi di un tempo sono ormai un lontano ricordo, e i debiti incalzano, così Rose, la moglie, decide di vendere la dimora per salvare la famiglia dal fallimento. Ma Valerio si oppone, ostinatamente autoseppellitosi nel suo studio-biblioteca a scrivere romanzi, come in una bolla di rifiuto della realtà che gli impedisce di aprirsi all’esterno e di avere un dialogo con la consorte e i figli. In questo comportamento si scorge una similitudine con l’eduardiano Luca Cupiello.

La domestica Bettina, che ha il ‘vizio’ di origliare dietro la porta, è l’unica capace di aprire la mente e il cuore dello scrittore, spiegandogli, tra l’altro, con la sua logica semplice e priva di sovrastrutture, che i tanti piccoli silenzi che egli si è creato intorno sfociano drammaticamente in un silenzio grande e distruttivo. Quelle mura, quelle stanze, quegli spazi della villa, che non sono stati mai vissuti dal protagonista, riprenderanno vita nel momento in cui stanno per perdere la loro funzione di luoghi in cui, ha lasciato o non, traccia della propria esistenza.

Lo sviluppo della vicenda riserverà alla fine delle sorprese.

Alessandro Gassman, dopo aver diretto il lavoro teatrale, tratto dal testo di Maurizio De Giovanni, porta sul grande schermo la vicenda con una regia edotta e capace; a cui si aggiungono le eccellenti interpretazioni di Margherita Buy e Massimiliano Gallo. Una menzione speciale merita Marina Confalone nel ruolo della domestica Bettina, capace di conferire al personaggio un’umanità e una varietà di sfumature che suscitano una profonda emozione. Beh, non dimentichiamo che è di scuola eduardiana.

Da non perdere.

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