Solitamente, quando un nuovo regista appare sul palco degli Oscar (o di uno dei vari e prestigiosi premi del cinema), è interessante e gradevole andare a vedere quali altri film avesse diretto prima che il mondo si accorgesse di lui.
Uno dei registi più interessanti, da questo punto di vista, è certamente Bong Joon-Ho.

Arrivato alla gloria all’inizio del 2020 con il film “Parasite”, Bong Joonn-Ho ha alle spalle una discreta filmografia, che può contare su almeno quattro o cinque opere decisamente interessanti.
L’elemento più particolare del lavoro dell’autore è, probabilmente, il virtuosismo con cui passa da un genere all’altro, andando a toccare gli argomenti e i metodi di narrazione più diversi.
Ma se “Parasite”, “Okja” e “Memorie di un assassino” sono film sicuramente da vedere, il vero capolavoro di Bong Joon-Ho è, a parere di chi scrive, “Snowpiercer” (il film, non la serie tv).

Basato su una graphic novel francese, il film ci porta in un mondo post-apocalittico dove la Terra è stata congelata da esperimenti che cercavano di fermare il cambiamento climatico.
Ciò che resta dell’Umanità è sopravvissuta a bordo di un treno lungo mille carrozze, che gira il mondo a velocità estreme e si mantiene in moto e caldo grazie all’ ”eterna locomotiva”.
Alla guida di questo treno (letteralmente) si trova il miliardario Wilford: garante dell’ordine da lui stesso creato e padrone della locomotiva.
In fondo al treno si trovano, invece, coloro che non hanno pagato il biglietto; questi (che nella metafora del film rappresentano probabilmente i disoccupati e\o gli immigrati) sono trattati miseramente da Wilford e combattono continuamente contro la fame e la violenza della guida del treno.
Ma proprio gli abitanti del fondo risultano essere fondamentali al mantenimento dell’ordine sul veicolo sferragliante, poiché, con la loro sofferenza, nascondono a tutti gli altri l’incapace gestione di Wilford e sono utilizzati come minaccia per i lavoratori delle altre carrozze.

Fatte queste premesse, il film si concentra su una delle grandi rivoluzioni che i fondai intentano contro l’ordine di Wilford, affrontando metaforicamente e letteralmente tutte le grandi sfide, sia teoriche che pratiche, cui storicamente si sono trovati davanti i rivoluzionari più famosi.
In conclusione, con un geniale finale aperto, il regista ci lascia la possibilità di spaziare su una lunga serie di riflessioni, che sono poi l’essenza di ogni grande film.

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