Tanti sono gli uomini illustri vissuti a Napoli, e che hanno lasciato un’impronta d’arte nella città. In particolare i pittori e gli architetti che sono stati, o per casualità o per scelta, deposti alla loro morte nelle membra terrene della Sirena Partenope.
Molte volte le chiese che li custodiscono sono visitate dai turisti e molte altre dimenticate, ma in entrambi i casi raramente viene ricordata la presenza del noto artista. Della pittura abbiamo un ensemble di raffinata poetica del pennello.
Per esempio nella piccola e omonima per i più chiesa di Santa Maria della Sanità di Barra o di San Domenico a Napoli, uno dei più amati pittori riposa in pace: Francesco Solimena. In questa chiesa fondata circa cinque secoli or sono da un gruppo di frati, proprio nella zona dove abitava l’artista, che divenne terziario domenicano tanto da essere chiamato ‘Abate Ciccio’. Nella cittadina aveva creato una villa sontuosa dove fondò e stabilì una scuola frequentata da tutti i pittori dell’epoca, sfortunatamente bombardata durante la II Guerra Mondiale. Lavorò per le maggiori corti europee, pur senza muoversi quasi mai da Napoli. Nell’edificio sacro le sue spoglie sono visibili ancora nell’ipogeo, custodite in una cassetta, a ricordo una lapide sepolcrale e con la presenza di decorazioni e statue in stucco e tele dello stesso artista o della sua scuola, di sua mano è una Madonna del Rosario con i santi Domenico e Caterina da Siena e Vincenzo. All’interno della chiesa altri illustri uomini e donne.
Altro straordinario personaggio fu Luca Giordano. Nel 1705 fu sepolto nella chiesa di Santa Brigida a Napoli, negli anni precedenti possiamo riconoscere che manterrà vivo il soprannome popolare “Luca Fapresto” (Luca fa ‘mbresse) con le sue opere. Le ultime tele pubbliche commissionate al pittore a partire dal 1703 furono per la chiesa di Santa Maria Egiziaca a Forcella, la serie di tele sulle Storie di San Filippo Neri per la chiesa dei Girolamini, databile al 1704, e la Decollazione di San Gennaro (stesso anno) per la chiesa di Santo Spirito dei Napoletani a Roma. Le due tele di grande dimensione ubicate nelle pareti laterali dell’abside della chiesa di Santa Maria Donnaregina Nuova con le Nozze di Cana e il Discorso sulla Montagna, quest’ultima con la partecipazione del suo allievo Giuseppe Simonelli. Quest’ultimo sarà colui che riprenderà e terminerà sui disegni e bozzetti del maestro della cupola di Santa Brigida dove riposa il Giordano.
Il terzo grande autore del pennello che rivoluzionò la pittura napoletana e internazionale è Francesco De Mura. In una Napoli difficile e martoriata dagli eventi: varie eruzioni del Vesuvio nel 1754, la peste del 1764, un’altra esplosione del vulcano napoletano nel 14-20 ottobre 1767 e la morte della moglie nel 1768 che volle essere seppellita nella chiesa della Nunziatella a Pizzofalcone, furono tradotte nella pittura e nei dipinti dell’ultimo periodo e che faranno parte della grande collezione che donerà al Pio Monte della Misericordia. L’ultima sua opera fu per la basilica del Carmine Maggiore di Napoli con la tela I martiri carmelitani s. Angelo, s. Pier Tommaso e il beato Franco nel 1778. Sarà il 19 agosto, alla sua morte avvenuta al terzo piano del palazzo del principe di Torino in via Foria (tratto Pontenuovo), seppellito ‘nella chiesa del convento di S. Pasquale di 88 alcantarini di Chiaja’ (San Pasquale a Chiaia) come redatto nel testamento.
Il quarto pittore che rientra tra gli illustri è Bernardo Cavallino, la critica riconosce più di ottanta dipinti al pittore, pochissimi siglati, e uno soltanto firmato e datato, 1645, la Santa Cecilia, che funge da spartiacque tra l’attività giovanile e la maturità dell’artista. Fu appassionato lettore di storia antica e delle sacre scritture, così come del Tasso, di Ovidio e della letteratura mitologica. Uno dei suoi capolavori può essere considerato senz’altro l’Immacolata Concezione (1650), conservata nella Pinacoteca di Brera, così come va menzionata l’Estasi di Santa Cecilia (1645) del Museo di Capodimonte, ove si trova anche il bozzetto. Sfortunatamente nel ’56 a Napoli scoppia la peste e Cavallino, assieme ad una intera generazione di pittori, scompare, mentre era nel pieno del suo svolgimento artistico della poetica del pennello. Sepolto nel Cimitero Monumentale di Poggioreale a Napoli.
Resta l’ultimo eccellente, detto lo Spagnoletto, ovvero Jusepe de Ribera, che è sepolto in Santa Maria del Parto a Mergellina (ma a causa di rimaneggiamenti oggi non è rimasta traccia). Negli ultimi anni di vita, nella metà degli anni ’40 fu oggetto di scandalo la notizia secondo cui una figlia intratteneva una relazione illecita con don Giovanni d’Austria, viceré di Aragona, a cui nel 1648 aveva eseguito un ritratto equestre per il Palazzo Reale di Madrid. In questi anni si acuì la malattia che lo aveva colpito, eppure continuò con opere di grande rilievo: il ciclo decorativo per la certosa di San Martino, nel 1646 la Testa del Battista (Museo civico Gaetano Filangieri) e il Battesimo di Cristo del Museo di Nancy, del ’48 il Matrimonio mistico di santa Caterina al Metropolitan di New York, l’Adorazione dei pastori (1650) del Louvre, l’anno dopo Santa Maria Egiziaca (Museo civico Gaetano Filangieri) ed infine San Girolamo penitente al Museo del Prado (1652).
Infine, non da meno, ricordiamo lo scultore e pittore Saverio Gatto che è sepolto nel Cimitero Monumentale di Poggioreale, e sempre lì lo scultore e pittore Francesco De Nicola.
L’arte senza tempo, reale ed eterna che permane nelle pennellate che questi grandi autori hanno lasciato per sempre a Napoli e nel resto del mondo, e che possiamo ringraziare non solo ammirando le loro opere ma anche soffermandoci nel ricordo quando entrando nelle chiese in cui sono seppelliti, quello stesso pensiero di stima e di ringraziamento viene posto come un fiore alla loro memoria.
fonte ph di copertina: wikipedia; museionline; artericerca
fonte ph articolo: wikipedia