Era il 22 marzo 1921, a Castro dei Volsci, un paesino della Ciociaria, nel Frusinate, nasceva Nino Manfredi, uno tra gli interpreti più versatili ed incisivi, validi e apprezzati del cinema italiano, nella cui lunga carriera è stato in grado, davvero come pochi, di alternare sia ruoli comici che drammatici con notevole efficacia recitativa.
Da molti viene, giustamente, considerato uno tra i più grandi interpreti della commedia all’italiana insieme “quartetto” composto da Alberto Sordi, Ugo Tognazzi, Vittorio Gassman e Marcello Mastroianni, con i quali ha recitato in diversi film, dimostrando anche la sua arte, impastata di tenacia, concretezza, sudore, come pure la sua anima sensibile, solitaria e segreta.
Dopo essersi laureato nell’ottobre del 1945 in legge con una tesi in diritto penale, che gli valse il punteggio di 93 punti su 110, si diplomò all’Accademia nazionale d’arte drammatica nel giugno di due anni dopo, iniziando una lunga gavetta, che ne forgerà la duttilità d’interprete, tra teatro – collaborando con Eduardo De Filippo in tre suoi atti unici, Amicizia, I morti non fanno paura e Il successo del giorno – e la radio, imbattendosi in maestri come Vittorio Metz, Dino Verde e Marcello Marchesi che ne intuiscono il talento comico, aiutandolo a svilupparlo al meglio.
Il suo esordio al cinema è nel 1949 con il film Torna a Napoli di Domenico Gambino – ma, solo nel 1955, arrivano due film rilevanti per lui: Gli innamorati di Mauro Bolognini e Lo Scapolo di Antonio Pietrangeli; il 14 luglio di quell’anno sposa l’indossatrice Erminia Ferrari, alla quale sarà legato fino alla morte e madre dei suoi tre figli: Roberta, Luca e Giovanna – mentre esplode in televisione nel 1959 partecipando a Canzonissima – grazie ad Antonello Falqui – ottenendo uno straordinario successo di pubblico con la macchietta di “Bastiano, il barista di Ceccano” grazie alla battuta tormentone Fusse che fusse la vorta bbona – ideata come invito all’acquisto del biglietto della lotteria – che finirà per entrare nel linguaggio comune.
Nel 1959, esplode definitivamente la sua carriera di attore, grazie al sequel del fortunato I soliti ignoti – Audace colpo dei soliti ignoti di Nanni Loy – a cui seguiranno, come importanza, Gli Anni Ruggenti (1962), Riusciranno i nostri eroi a ritrovare l’amico misteriosamente scomparso in Africa? e Straziami ma di Baci Saziami (1968), come pure la commedia a episodi Vedo Nudo e Nell’Anno del Signore, entrambi diretti da Luigi Magni.
Negli anni ’70 giungono alcune tra le sue migliori interpretazioni: l’emigrante italiano in Svizzera di Pane e Cioccolata (1973) e il portantino d’ospedale idealista di C’eravamo Tanto Amati (1974), insieme al ruolo del padre guercio e dispotico, che tratta i suoi familiari come bestie in Brutti, Sporchi e Cattivi del 1976, e all’invalido venditore di caffè abusivo nel film Café Express del 1980.
In ambito televisivo, meritevole di essere ricordato per la sua grande prova d’attore lo sceneggiato Le Avventure di Pinocchio di Luigi Comencini (1972), mentre, in qualità di regista vanno giustamente menzionati l’autobiografico Per Grazia Ricevuta (1971) – che gli valgono la Palma d’oro per la miglior opera prima al Festival di Cannes e un Nastro d’argento per il miglior soggetto – e Nudo di Donna (1981) – dedicato alla crisi d’identità di un uomo che scopre l’esistenza di una presunta sosia della moglie, caratterialmente migliore della propria consorte.
Dal 1977 al 1993, per la bellezza di diciassette anni, è il volto, in qualità di testimonial pubblicitario, del caffè Lavazza – affiancato prima dalla nonna Nerina Montagnani e poi dalla colf Gegia – in quella che viene “nostalgicamente” ricordata come una lunga serie di popolari spot pubblicitari con i due popolari slogan “Più lo mandi giù e più ti tira su!” e “Il caffè è un piacere, se non è buono che piacere è?“.
Sul versante privato, ebbe una quarta figlia, Tonina, avuta da una delle sue “tante scappatelle” con una donna bulgara di nome Svetlana Bogdanova, una sua “ardente ammiratrice” che incontrò durante una notte di “follia” trascorsa a Sofia per lavoro, e da lui riconosciuta, alla fine, dopo una vicenda legale alquanto burrascosa.
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