Come disciplina l’articolo 262 del Codice Civile, è il cognome paterno quello da attribuire ai figli nati fuori dall’atto matrimoniale e anche se i genitori sono d’accordo entrambi, non è da prendere in considerazione l’opzione di dare al neonato il cognome materno. Questo è costituzionale?

È la consulta ad interrogarsi su questa questione e su quanto sia corretto attribuire automaticamente il solo cognome del padre, anche se non si è mai stabilito un vero cambiamento in merito. Il figlio che nasce dall’atto d’amore tra un uomo ed una donna, ha il cognome del primo genitore che lo ha riconosciuto, ma se al momento del riconoscimento sono presenti i due genitori insieme, la situazione cambia ed il cognome del papà prende l’assoluto sopravvento.

Questo ha fatto sì che scatenasse un dibattito dalla Corte Costituzionale, permettendo di aprire una pagina che è da sempre, tradizionalmente chiusa e decisa. È chiaro che i due genitori debbano avere parità giuridica ed è qui che avviene l’inciampo e mette alla luce diversi aspetti da tenere in considerazione: il peso diverso che da un punto civile ha la mamma rispetto al papà, il ruolo materno all’interno della coppia. Questi ultimi sembrano dimostrare un’evidente gerarchia che è presente tra i due piuttosto che un’uguaglianza.

Bisogna tener presente però che, la società è in continua evoluzione, i ruoli all’interno di essa e del nucleo primario che è di fondamentale importanza per un bimbo, ovvero la famiglia, sono stati ridefiniti per far sì che entrambi i genitori possano avere diritti uguali facendo sì che possano sentirsi giuridicamente dello stesso peso. È proprio scorporando a pieno questa questione che diventa inammissibile sostenere quanto detto all’inizio: il cognome da dare al figlio è unicamente e automaticamente quello del papà. Il figlio riconosciuto, anche nato fuori dal matrimonio dovrebbe, alla luce di quanto esposto, poter affiancare al proprio nome il cognome anche materno o al massimo quello di entrambi i genitori.

La conquista dei propri ruoli nella società è un diritto e questo deve e continua ad essere argomento di discussione spesso piena di intralci e contraddizioni.

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Dott.ssa Marianna Amendola, laureata in Scienze della comunicazione presso l’universita Suororsola Benincasa. Iscritta attualmente al corso magistrale di comunicazione pubblica politica e sociale presso l’università Federico secondo. Insegnante e tecnico societario iscritta all'albo degli istruttori di ginnastica ritmica presso la FGI.