Il World Meteorological Organization, qualche ora fa, ha annunciato che il buco dell’ozono, che nel corso dell’anno appena trascorso si era aperto sull’Antartide, si è chiuso in maniera autonoma il giorno 28 dicembre, dopo aver assunto dimensioni da record.
Gli scienziati, al momento, stanno cercando di trovare una spiegazione logica al fenomeno che aveva preoccupato gran parte della popolazione, dato che lo strato di ozono protegge la Terra dai raggi ultravioletti, e il buco formatosi aveva ormai raggiunto una dimensione record di 24,8 milioni di chilometri quadrati. A provocare il buco, secondo gli esperti, un vortice polare molto forte, che aveva causato una costante diminuzione delle temperature alle altitudini dello strato di ozono bloccando, in contemporanea, il giungere dell’aria ricca di ozono che lo avrebbe rigenerato dal “danno”.
Fu nel 1985 che, per la prima volta, fu scoperta la sua esistenza – insieme al fenomeno della sua apertura che, annualmente, si apre tra agosto e dicembre – e l’influenza che subisce dagli eventi atmosferici naturali o dai fattori umani, in primis l’inquinamento.
“Le ultime due stagioni di buchi dell’ozono hanno dimostrato la variabilità anno su anno di queste brecce e migliorato la nostra comprensione dei fattori responsabili di queste formazioni, della loro estensione e della loro pericolosità”. Con tale nota il WMO ha voluto spiegare come l’impatto umano – e una serie di agenti chimici regolamentati nel 1987 con il Protocollo di Montreal – rischiano di impattare sullo strato di ozono, impedendo una sua graduale ripresa. “Abbiamo bisogno di continue azioni internazionali per rinforzare il Protocollo di Montreal, dato che ci sono ancora molte sostanze dannose per l’ozono nell’atmosfera”.
Fonte articolo: science.it
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