Tra macchine elettriche, navi a idrogeno e pannelli solari galleggianti, tante sono le soluzioni che si sta cercando di sviluppare per combattere il cambiamento climatico.
Alcune sono molto ragionevoli, altre ben più ambiziose, altre ancora sono solo truffe (il termine “greenwashing” è e diventerà sempre più popolare nei prossimi anni).
Ma tra tante soluzioni stravaganti, viene da pensare che forse siano proprio le idee più semplici ad essere state trascurate.
Ed è proprio questo che è venuto alla luce da uno dei più recenti studi di Greenpeace.
Secondo i ricercatori della “Natural Forest Academy” (Naturwald Akademie), cui era commissionato lo studio, se lo sfruttamento delle foreste dell’Ue fosse ridotto di un terzo, la loro biodiversità aumenterebbe, i boschi diverrebbero più resistenti al cambiamento climatico e la loro capacità di assorbire anidride carbonica (CO2) passerebbe dalle attuali 245 milioni di tonnellate a ben 487 milioni.
Questa quantità di emissioni, 487 milioni di tonnellate, coincide più o meno con l’attuale livello di emissioni dell’intera Francia, uno dei Paesi più popolosi d’Europa e una delle più importanti economie del mondo.
Ora, se una gestione semplicemente più attenta delle foreste potrebbe portare a tanto nella piccola Europa, figuriamoci quanto si potrebbe fare estendendo il ragionamento a zone ben più ampie del Pianeta.
Purtroppo non bastano le ricerche a cambiare il mondo e gli attivisti di Greenpeace sono passati subito a chiedere azioni concrete.
In particolare, con il supporto di altre Ong, è stato chiesto alla Commissione Europea di escludere l’energia generata dalla combustione del legno (a meno che non si tratti di scarti non riciclabili) dagli obiettivi per l’energia rinnovabile dell’Unione.
Viene inoltre chiesto di “adottare una visione condivisa delle foreste dell’Ue con nuovi obiettivi vincolanti per il loro ripristino e protezione” e di separare gli obiettivi di salvaguardia delle foreste da quelli riguardanti le emissioni di gas serra.