1° giugno 1970: ad ottantadue anni morì a Milano, a causa di una broncopolmonite, Giuseppe Ungaretti; scrittore, traduttore e accademico italiano, ricordato da molti come il padre dell’ermetismo e considerato uno dei più grandi poeti della storia della letteratura.

Nato ad Alessandria D’Egitto nel 1888 da genitori emigranti, dopo gli esordi letterari sulla rivista Lacerba nel 1913, fu tra le trincee del Carso durante la Grande Guerra che scrisse una delle sue opere più note – le poesie de “Il porto sepolto”– e svolgendo, in seguito, un’intensa attività letteraria su quotidiani e riviste francesi – Commerce e Mesures – e italiane – La Gazzetta del Popolo.

Nel 1931, ottenne l’incarico di inviato speciale per La Gazzetta del Popolo – che lo portò a viaggiare in Egitto, in Corsica, nei Paesi Bassi e nell’Italia Meridionale; si trasferì con la famiglia in Argentina nel 1936 – dove gli venne offerta la cattedra di letteratura italiana all’Università di San Paolo del Brasile – rimanendovi fino al 1942.

Ritornato in Italia, insegnò come professore di letteratura moderna e contemporanea all’Università “La Sapienza” di Roma fino al 1958 – dopo essere stato reintegrato dall’epurazione legata alla caduta del Fascismo – curando anche la pubblicazione della propria opera omnia, Vita di un uomo.

Come insegnante, gli va riconosciuto il merito di aver formato alcuni degli intellettuali che, in seguito, si sarebbero distinti per importanti attività culturali e accademiche: Leone Piccioni, Luigi Silori, Mario Petrucciani, Guido Barlozzini, Raffaello Brignetti, Raffaele Talarico, Ornella Sobrero ed Elio Filippo Accrocca.

Meritano di essere ricordate le sue apparizioni televisive negli anni ’60, quando introduceva lo sceneggiato dell’Odissea recitandone i versi o utilizzando degli appositi commenti, con i quali analizzava l’opera per renderla comprensibile ai telespettatori, nella speranza che essi fossero motivati a leggerla.

Stasera

Balaustrata di brezza
per appoggiare stasera
la mia malinconia.

G.U.

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