“Sie ‘nu battilocchio! oppure Lieveme stu’ battilocchio ‘a ‘nanze!”
Una definizione che lascia interdetti sia per il suo significato e sia per il termine… un po’ strano.
La parola potrebbe suggerire interpretazioni errata soprattutto perché fa riferimento al bulbo oculare che viene battuto, in verità il significato è totalmente diverso, ma non l’origine, la radice da cui parte e prende vita.
“Battilocchio” è colui che è ritenuto di scarsa intelligenza, che ci mette un po’ ad arrivare alle cose, che ha ‘i prosciutti sugli occhi’ (gli occhi bendati) e quindi è, spesso additato come “scemo del villaggio”.
Inoltre esso è configurato come un personaggio: lungo, dinoccolato, frastornato ecco che la nostra tradizione popolare campano si spinge tanto da utilizzare il termine per indicare, in piena metafora, la pizza fritta (non quella imbottita) fatta solo dal semplice impasto fritto in olio bollente e servito in carta, che pende… che scotta quando viene mangiata… appena uscita dal tegame: frijenno e magnanno!
E qui possiamo rifarci alle parole famose di Raffaele Viviani in “Rumba d’ ‘e scugnizze”: Quant’è bello ‘o battilocchio. Pruove gusto e te ce avvizze. Pe’ chi tene ‘a moglie pazza. Cchiù te sfrine e cchiù t’appizze. Quatto sorde, ‘o fenucchietto.
La sua antica origine arriva dal mondo francese che per indicare una cuffietta femminile che ricadeva sugli occhi non ha una vista pulita, chiara, viene annebbiata quindi nascosta dall’oggetto pendente, ovvero battant l’oeil. Da qui il vocabolo arrivato con la presenza storica dei francesi nel nostro territorio viene manipolato dalla tradizione popolare e dall’originalità dei partenopei che ne hanno fatto un uso inconfondibile tra metafora e sostantivo per una delle gustosità che ci invidiano in tutto il mondo.
Infondo a questo punto essere definito un battilocchio c’è gusto!