La figura della Sirena è presente, nella società moderna, nella forma che le è stata data dal celebre cartone animato “La Sirenetta“, ma queste mitiche creature hanno origine totalmente diversa.
Prima di tutto, bisogna dire che le sirene non sono sempre state metà donna e metà pesce, questa versione è frutto di una rielaborazione medioevale, mentre, in origine, vengono descritte come donne-uccello. Esse hanno però una particolarità, anziché avere artigli come le Arpie (altra figura donna-uccello della mitologia greca), hanno mani umane e suonano la lira e il flauto. Questo dettaglio cozza pesantemente con quella che è poi l’immagine datane dai miti in cui appaiono.
Nella tradizione greca le sirene sono tre: Partenope (“che sembra una vergine”), Leucosia (“dalle candide membra”) e Ligea (“dalla voce incantevole”).
L’invenzione delle Sirene è da ricercarsi nelle Argonautiche (poema epico in greco antico di Apollonio Rodio del III secolo a.C.), dove, secondo il mito, le tre donne erano quasi riuscite ad ammaliare, con il loro canto, i 50 eroi greci, partiti per recuperare il Vello d’oro.
Fortunatamente, però, la sublime voce di Orfeo, aveva distratto gli eroi dall’inganno.
Dopo questa sconfitta, le Sirene si erano gettate in mare, scomparendo anche da opere e racconti, per ricomparire quindi nell’Odissea ed insidiare un altro grande eroe.
Omero dà una descrizione raccapricciante delle Sirene, o per meglio dire delle loro intenzioni, poiché nell’opera esse non sono descritte. Nell’Odissea, l’isola delle Sirene, posta presso lo stretto di Messina, è uno scoglio coperto di ossa e corpi in putrefazione, dove chi è attratto dal meraviglioso canto non viene certo ingannato dagli occhi, ma risulta così stordito da avvicinarsi a coloro che lo divoreranno camminando sulle precedenti vittime.
Nonostante questo racconto così tremendo, che è forse la parte più angosciante delle avventure di Ulisse, la cultura Greca ha dato grande risalto al problema e all’interpretazione della loro figura.
Esse, infatti, se pur così terribili, erano adorate dai marinai del Tirreno.
Questi ritenevano che le tre sirene si fossero gettate (dopo la beffa di Ulisse, che aveva udito il loro canto senza morire perché legato all’albero della sua nave) in quel mare, e che fossero approdate su tre spiagge: l’isolotto di Megaride (dove ora sorge il Castel dell’Ovo), a Paestum e a Terina (in Calabria). I marinai dell’Antichità credevano che queste figure, terribili e solitarie (come era il loro lavoro), li avrebbero protetti nei pericolosi viaggi che dovevano affrontare.
Il processo elaborativo tipico della cultura greca, portò quindi le sirene a diventare figure di passaggio tra la vita e la morte, guardiane dell’Ade che, con il loro canto, permettevano ai morti di alleviare la sofferenza per la vita perduta.