Su Luisa Sanfelice ne abbiamo sentite tante ma cosa sappiamo in realtà di questa donna?
Sappiamo che è stata una nobildonna italiana, originaria dell’allora Regno di Napoli, coinvolta nelle vicende della Repubblica Napoletana; inoltre è la protagonista del romanzo di Alexandre Dumas La Sanfelice.
Nata Maria Luisa Fortunata de Molina, era figlia di don Pedro de Molina, generale borbonico di origine spagnola, e di Camilla Salinero. Divenne “la Sanfelice” a diciassette anni, dopo il suo matrimonio con il nobile napoletano Andrea Sanfelice, suo cugino, giovane senza mezzi e vanaglorioso. Il matrimonio non le conferì nessun titolo, anzi, la vita a Napoli con il marito fu tanto scandalosa a causa di debiti e gioco che, dietro supplica della madre di lei, la Corte decise di mandarli nel paesino di Laureana, togliendo loro i tre figli che vennero mandati in convento e affidando i beni ad un amministratore proprio per salvaguardare il futuro dei piccoli, ma, ciò non bastò. Nel 1797 Andrea ebbe un mandato di cattura dalla Vicaria per debiti; successivamente grazie alle scelte filoborboniche di lui furono riammessi a Corte.
In seguito all’invasione francese del 1799 e alla costituzione della Repubblica Partenopea, nacque una cospirazione filoborbonica tesa a rovesciare la Repubblica, guidata da una famiglia di banchieri, i Baker (o Baccher), di origine svizzera; la Sanfelice che, non essendo giacobina, frequentava sia gli ambienti filorepubblicani che quelli monarchici, ne venne a conoscenza. All’epoca, Andrea e Luisa erano conviventi ma con vite proprie. Lei giovane, bella, trentacinquenne, passava da un amante all’altro e fu allora che la sua casa venne frequentata da personaggi come Gerardo Baccher, Vincenzo Cuoco e Ferdinando Ferri. Il primo era un realista innamorato perdutamente di Luisa ma non ricambiato, il secondo un giacobino attivista nella neo repubblica, il terzo un giacobino per convenienza e indeciso cronico. Luisa era presa maggiormente da Ferdinando Ferri e forse simpatizzava per la repubblica solo perché pensava che questa potesse continuare a tenere lontane quelle ferree ristrettezze a cui, il re Ferdinando l’aveva costretta a causa del suo dissoluto modo di vivere.
Quando avvenne che i realisti ordirono una congiura per riportare il re sul trono con l’aiuto della flotta inglese, il Baccher, preoccupato per Luisa le procurò un salvacondotto che però l’ingenua e malaccorta giovane regalò all’altro amante, quel Ferdinando Ferri che, d’accordo con l’amico Vincenzo Cuoco, denunciò la congiura e fuggì.
Avvenne così che il 5 aprile 1799 la congiura fu scoperta e furono arrestati sia Gerardo Baccher che gli altri cospiratori. Questo fu il motivo per cui Luisa diventò eroina della Repubblica Partenopea, ma la sua acclamazione popolare fu anche la sua condanna, quando le truppe sanfediste ristabilirono sul trono re Ferdinando.
Benedetto Croce in merito a Luisa Sanfelice ed alla congiura dei Baccher scrive:
«Mentre a Napoli il suo nome era circondato da tante serti di lodi fiorite, c’era, a Palermo un altro che, in istile ben diverso, lo metteva in iscritto in sua lettera: re Ferdinando che, nell’inviare al cardinale Ruffo la lista delle persone da fare arrestare e giudicare al suo ritorno di pochi ma scelti ministri sicuri, includeva una certa Luisa Molines Sanfelice ed un tal Vincenzo Cuoco, che scoprirono la controrivoluzione dei realisti, alla testa della quale erano i Baccher padre e figlio».
Luisa fu arrestata e anche se la sua condanna venne rinviata perché parve essere incinta, il re volle che la Sanfelice fosse portata a Palermo per un’altra visita che accertò ciò che tutti già conoscevano: la gravidanza non esisteva, quindi, venne condotta al patibolo l’11 settembre del 1800 in piazza Mercato.
Il destino era già scritto, e dopo tanti giorni di strazio, giunse quello di un’esecuzione barbara, “una scena selvaggia “, come la definisce Benedetto Croce.
Sulla fine di Luisa girano varie leggende ma tutte con il macabro finale.
Il Marinelli che fu testimone oculare scrive nel suo Diario:“La Luisa, circondata e sorretta dai fratelli dei Bianchi, salì sul palco. E si facevano gli estremi preparativi, e le infami mani del carnefice l’acconciavano sotto il taglio della scure, quando un soldato, di quelli che assistevano all’esecuzione, lasciò sfuggire accidentalmente un colpo di fucile. Il carnefice, spaurito e già sospettoso di qualche tumulto, a questo si turbò e lasciò cadere in fretta la scure sulle spalle della vittima: sicché poi, tra le grida d’indignazione del popolo, fu costretto a troncarle la testa con un coltello. Quelle povere membra, che avevano finito di soffrire, furono sepolte nella prossima chiesa di Santa Maria del Carmelo.”
Altri sostengono invece, forse per esaltare fino all’ultimo istante il fascino di Luisa Sanfelice, che il boia fosse stato colpito dallo sguardo che la donna gli aveva rivolto mentre poneva il capo sul ceppo e che per questo motivo la sua mano non fosse stata precisa nel calare la scure, ma che fossero stati necessari diversi colpi per porre fine al supplizio.
Tanta atrocità e tanta sofferenza scossero il cuore di Napoli al punto che, nei suoi vicoli ancora riecheggia il nome di questa donna.
Si dice che ogni anno nella notte tra il 10 e l’11 settembre il suo fantasma vaghi tra piazza Mercato e i vicoli circostanti. Lo spettro viene descritto da alcuni con la testa ciondolante e un’espressione di orrore sul volto, da altri, come una donna bellissima che corre sorridente e felice tra le braccia del suo amato, Andrea, l’unico tra tanti che non l’avrebbe mai tradita.