I ricercatori dell’Università di Tel Aviv, grazie agli esami condotti nel santuario di Tel Arad, uno dei siti archeologici israeliani più importanti, posizionato nel deserto del Negev a sud del Mar Morto, hanno ritrovato dei residui di cannabis su due altari dell’età di circa 2700 anni.
Il luogo di culto, che risale al 750 a.C., fu rinvenuto negli anni ‘60 durante gli scavi che furono condotti dall’archeologo Yohanan Aharoni; tale scoperta sembra confermare il passato utilizzo di cannabis nelle cerimonie religiose durante la prima storia dell’ebraismo.
Grazie alla gascromatografia e alla spettrometria di massa, sull’altare minore sono stati trovati e identificati residui con tracce di cannabidiolo e cannabinolo – principi attivi della cannabis – insieme a tracce di combustibile usato per bruciare e attivare i composti psicoattivi della sostanza.
Disposto sull’altare maggiore, invece, è stato individuato il franchincenso, una particolare resina aromatica che cresceva in Arabia, e che veniva usata per portare la materia ad elevate temperature al fine di permettere il rilascio del suo aroma.
Proprio la presenza di entrambi, in quanto sostanze importate con alti costi – e il fatto che il santuario di Tel Arad era stato costruito a somiglianza del grande Tempio di Gerusalemme – ha fatto comprendere agli archeologi come il rituale fosse una pratica di culto istituzionalizzata dal governo centrale, sovvenzionandone i costi e certificandone la legittimità.